Bonati e gli Stranpalà portano ’foe e pruverbi’ in San Michele a Veppo

Recitazione dialettale a Veppo: tradizioni e poesie in dialetto veppese nella chiesa di San Michele Arcangelo. Iniziativa culturale per preservare le radici della Val di Vara.

Bonati e gli Stranpalà portano ’foe e pruverbi’ in San Michele a Veppo

Luciano Bonati

Favole, proverbi, detti, poesie al centro di un programma di recitazione nei dialetti dei vari componenti del gruppo, con il possibile coinvolgimento di qualche residente amante del dialetto veppese. Nella chiesa di San Michele Arcangelo a Veppo di Rocchetta di Vara, oggi, con inizio alle 16.30, secondo appuntamento con Luciano Bonati e i suoi Stranpalà eredi del gruppo dialettale amatoriale dei Burbugiun. Ovviamente sotto la regia del buon Luciano, che non cessa di sorprendere con la sua vitalità e voglia di vivere, spazio a ‘Foe, pruverbi e brusage de storie’, che rappresenta una raccolta, ancorché parziale, delle tradizioni che sopravvivono in Val di Vara a dispetto di chi ne ha da tempo decretato la morte. Non è casuale che la piccola rappresentazione si apra con una poesia di Bonati in dialetto di Quaratica, dedicata alla parlata che se ne va, una sorta di requiem ricco di ricordi struggenti. Poi, quasi per incanto, il dialetto o meglio i dialetti destinati alla progressiva scomparsa, tornano prepotentemente sulla scena, quasi a voler irridere il tempo che fatalmente trascorre con l’alternarsi dei vari componenti del gruppo. L’iniziativa fa parte di cinque incontri dedicati ai dialetti inseriti nel ricco programma del progetto dedicato alla Via dei Monti e alle sue ramificazioni, ideato dal Consorzio Il Cigno e sostenuto dalla Fondazione Compagnia di San Paolo. "Anche se l’estate è finita e i grandi eventi hanno da tempo chiuso i battenti – spiega Silvano Zaccone, presidente del Cigno – gli Stranpalà girano ancora i piccoli borghi della Val di Vara per portare un po’ di sorriso e ilarità. Una sorta di catarsi collettiva che allontani l’oblio e la generale dimenticanza in una terra ferita dalle migrazioni periodiche e dalle intemperie della natura, come ci insegna la comunità dell’Alto Calicese, da mesi isolata dall’altra parte del territorio comunale ricadente sull’antico feudo di Madrignano".

m. magi