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Germana Pisi illustra il quadro della crocifissione, risalente al 1500 (in alto a sinistra)
Pitelli (La Spezia), 16 febbraio 2025 – “Pitèi. Dio i l’ha fato e i gi hà strapà i modei“. Basterebbe la scritta impressa sui cartelli turistici che accolgono i visitatori alle entrate del paese, per capire Pitelli e i pitellesi. Identitari, orgogliosi, anarchici quanto basta, solidali e comunitari. Piazzato sul crinale che guarda dall’alto Arcola, Lerici e il golfo della Spezia, Pitelli è una babele di storia, che i suoi abitanti non solo preservano e tramandano, ma contribuiscono a anche a riscoprire. Perché nel borgo più grande del comune della Spezia, dal quale si può accedere ancora oggi facilmente al mare di San Bartolomeo, la storia è passata più volte. “Si è sempre detto che Pitelli fosse un paese senza storia: beh, non è affatto così” dice Linda Secoli, residente e storica con all’attivo diverse pubblicazioni sula storia del borgo. Una storia che parte almeno dal Medioevo, con un nucleo centrale che ruota attorno alla vecchia chiesa (oggi oratorio) del millecinquecento, e che si allarga nel corso dei secoli fino ad arrivare alla seconda metà dell’Ottocento, con il boom demografico legato alla cantieristica.
Una forte spinta migratoria che ha stravolto e portato idee: il cippo che ricorda Mazzini e Garibaldi in piazza degli orti è un segno tangibile di quella che fu, a fine Ottocento, l’opera del circolo repubblicano collettivista. Ma a Pitelli sorsero anche circoli anarchici, cattolici, socialisti. E soprattutto, Pitelli fu culla di una dei primi circoli giovanili comunisti, nato nel 1921 a poche settimane dalla scissione di Livorno. Di quel circolo oggi esistono i ricordi tramandati e, soprattutto, una bandiera, quella ricamata su un lenzuolo di lino tinto di rosso, capace di resistere al ventennio fascista – fu nascosta e poi ’riscoperta’ dopo il 1945 – e di fare capolino, oggi, nella sede locale del Pd. “É un pezzo della nostra storia” dicono gli abitanti.
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Ma la storia di Pitelli non è solo nei tumulti culturali dell’epoca, ma è molto di più: le scalinate, gli orti, i sentieri, ogni angolo ’parlano’ di un borgo che è stato protagonista del golfo spezzino. Come non apprezzare la bellissima chiesa di San Bartolomeo, consacrata nel 1734, scrigno di piccoli grandi tesori come l’organo a canne del 1800, un crocifisso del 1600 unico in Liguria poichè raffigura il Cristo ancora in vita, ma soprattutto un quadro del 1500, una pala d’altare commissionata dai pitellesi e raffigurante la Crocifissione con Vergine e Santi Giovani Evangelista, Maria Maddalena, e Bartolomeo Apostolo, restaurato recentemente grazie al contributo dei cittadini, della Parrocchia e Fondazione Carispezia: occasione in cui si è scoperto che il dipinto ne celava un altro, sottostante, realizzato prima del 1500.
“È stato scoperto durante le operazioni di restauro, sono state eseguite alcune radiografie, ma bisognerebbe avere qualche denaro in più per indagare meglio” dice Germana Pisi, che sulla chiesa ha scritto anche un piccolo libro, e che contribuisce a tenere viva la storia del borgo, dove è possibile imbattersi anche in un piccolo, grande museo: quello della Grande Guerra curato con cura e dovizia di particolari da Tonio Cannas, sardo ma pitellese d’adozione, pronipote di un militare della Brigata Sassari “cresciuto a zucchero, pane e guerra”. Quasi quattromila cimeli e sessantamila documenti dell’epoca (tra cui i ’famosi’ dispacci di Cadorna) raccolti in cinque stanze a tema – una delle quali ’adattata’ a trincea, con tanto di manichini vestiti con le divise originali dell’epoca – per far conoscere la storia ai turisti e ai ragazzi delle scuole. “Portare avanti la memoria di chi ha combattuto è un po’ come portare avanti la memoria di mio nonno” dice Cannas.