Diciannove anni fa, il 22 maggio del 2004, veniva inaugurato il Museo Camec. Per Spezia fu una grande festa, a cui parteciparono tante famiglie – così ci testimoniano le foto dell’evento – curiose di visitare quel luogo nuovo della città. Per l’amministrazione era l’avvenimento dell’anno, quello più carico di significato, e accanto al sindaco Giorgio Pagano c’erano anche Giuseppe Pericu, dato che in quel momento Genova rivestiva il ruolo di capitale europea della cultura, e l’Ambasciatore Generale della Svizzera a Roma, Alexei Lautenberghen, perché la mostra inaugurale era una retrospettiva che faceva dialogare Jean Tinguely e Bruno Munari. Con le allegorie industriali dell’artista svizzero e i ’mobile’ del futurista, partiva così una nuova avventura per l’arte contemporanea in Liguria. Quella sera gli spezzini, dopo esseri stati rincuorati dai sapori della memoria, la focaccia e il vermentino che venivano offerti ai visitatori, si proiettarono verso il futuro, prendendo confidenza con quello che la città voleva diventare.
L’obiettivo – dichiarò l’allora direttore Bruno Corà – era quello di inserirsi nella rete europea di strutture dedicate all’arte contemporanea, dialogando senza timori o complessi anche con quelle che raggiungono i massimi livelli. Era una Spezia, che dopo la fine del sistema delle partecipazioni statali e le difficoltà dei primi anni Novanta, stava ricercando nuove vocazioni e assieme ad un’industria rinnovata puntava forte su turismo e cultura. Nel 1996 era stato inaugurato il Museo Lia, la cui apertura costituì un vero punto di svolta che contribuì a tratteggiare un’immagine nuova della città. Alla donazione Lia seguì quella dei coniugi Capellini, che permise nel 2000 l’apertura di un altro museo – unico nel suo genere – quello del Sigillo, mentre i generosi lasciti delle famiglie Cozzani e Battolini – assieme ai fondi artistici delle edizioni del Premio del Golfo – costituirono il nucleo fondante del Camec. Con la nascita del Centro d’arte moderna e contemporanea, si completava un percorso che si basava su una scommessa, quella molto ambiziosa di far diventare Spezia una città attrattiva per i turisti anche attraverso la cultura.
A vent’anni di distanza si può dire che mentre sul versante del turismo i risultati sono sorprendenti, sul secondo fronte si arranca. I numeri dei musei spezzini relativi al 2022 parlano di 50.087 visitatori, per un totale di 197.822 euro di incassi. Tra questi il Camec non primeggia, con un afflusso di 7.802 persone e un introito di 15.288 euro, risultati modesti che hanno spinto il Comune a pubblicare un avviso per sondare l’interesse di enti, associazioni, cooperative e privati a partecipare alla gestione del museo.
Forme di partenariato per potenziare e ampliare l’offerta possono risultare virtuose (come accade da tempo all’estero e anche in altre città di un po’ tutte le regioni d’Italia) ma sarà fondamentale che non si verifichi un disimpegno del Comune. Fare sistema, fare rete, unendo le migliori energie presenti sul territorio deve essere viceversa la premessa per affermare con più forza un ruolo di regia, che sappia rendere il Camec e tutto il settore della cultura – i cui risultati non si misurano solo in termini di ingressi ma anche dalla capacità di generare iniziative e di mettere in circolo idee innovative – un autentico motore di sviluppo civile ed economico della città.
Vimal Carlo Gabbiani