
Il porto della Spezia
La Spezia, 17 marzo 2025 – La notizia del risarcimento per danno biologico ottenuto da un carrellista del porto vittima di un’ernia discale provocata da decenni di lavoro gravoso a bordo di gru e contstaker – pubblicata in esclusiva da La Nazione – diventa materia di un’interrogazione parlamentare in cui si chiede ai ministri del Lavoro e delle Politiche sociali, e delle Infrastrutture e dei trasporti di avviare un percorso per il riconoscimento di alcune mansioni portuali particolarmente gravose e rischiose tra i lavori usuranti. A presentarla, la parlamentare spezzina Maria Grazia Frijia, che ha preso spunto dalla notizia riportata dal nostro quotidiano per rilanciare un tema su cui i governi, ancora oggi, non hanno adottato provvedimenti certi ed efficaci. Nell’interrogazione a risposta scritta presentata lo scorso 6 marzo, la deputata di Fratelli d’Italia che “quali siano gli intendimenti dei ministeri interrogati in merito ai fatti, con specifico riferimento alla possibilità di riconoscere alcune mansioni portuali particolarmente gravose e rischiose tra i lavori usuranti, anche istituendo a tal fine un tavolo tecnico-istituzionale di confronto con le associazioni di categoria maggiormente rappresentative del comparto”.
La vicenda, raccontata da La Nazione lo scorso 3 marzo, riguarda un uomo che, dalla fine degli anni Ottanta, opera come carrellista in Lsct, spostando container da una parte all’altra del terminal. Un lavoro gravoso che, complice le vibrazioni dei mezzi e l’asfalto sconnesso, gli ha provocato nel tempo l’insorgenza di un’ernia discale. Il portuale, assistito dall’avvocato Andrea Frau e dal patronato Inca della Cgil, dopo aver tentato invano dall’Inail il riconoscimento della patologia correlata all’attività lavorativa, ha bussato al tribunale della Spezia, con il giudice Marco Viani che, alla luce della consulenza tecnica di un perito, ha condannato l’Inail a liquidare al portuale un indennizzo per danno biologico parametrato a un’invalidità dell’8%, pari a circa 15mila euro.
La tesi dell’avvocato Frau, secondo cui i mezzi utilizzati nel tempo avrebbero sottoposto l’uomo in via diretta ad esposizione a vibrazioni trasmesse al corpo intero “in misura spesso quasi continua per l’intero turno di lavoro”, condizione peraltro aggravata dalle “precarie condizioni della pavimentazione dell’area portuale, gravata da gradini, buche, disconnessioni, differenza di pavimentazione”, ha trovato certificazione nella perizia del consulente incaricato dal Tribunale.
Quest’ultimo, infatti, nella relazione ha evidenziato come “sia l’attività effettuata sulle gru, sia quella effettuata sui carrelli, ha certamente esposto il ricorrente a vibrazioni intense e prolungate sul rachide e al mantenimento di posizioni lavorative fisse e incongrue che hanno sottoposto il rachide ad uno stress elevato e a un sovraccarico funzionale sulla colonna vertebrale. Il lavoratore è affetto da una patologia correlata ai micro traumi ripetuti sul rachide durante l’attività sui carrelli e alle posizioni incongrue mantenute dal paziente sul luogo di lavoro”. Da qui la sentenza del giudice Viani, di ventata ora materia di discussione parlamentare, con i due ministeri chiamati a rispondere alle ’sollecitazioni’ arrivate dalla parlamentare spezzina.