Oltre centomila euro nelle casse comunali per il maggior quantitativo di materiale prelevato da una cava. È quanto sarà costretta a versare l’azienda Pellegrini, per effetto della sentenza della prima sezione civile della Corte di Appello di Genova. I giudici hanno respinto il ricorso della società, confermando la sentenza del marzo 2022 del Tribunale civile della Spezia e condannandola al pagamento di 94.143 euro (oltre interessi legali dal 28 ottobre 2019 al saldo effettivo) e delle spese legali, quantificate in oltre 28mila euro. Oggetto del contendere, le attività estrattive della Cava Serenella, il sito di Valdipino nel quale per anni sono state portate avanti attività di coltivazione della nota cava di calcare. Una vicenda decennale, che risale al 2012. Tutto ruota attorno al contributo di estrazione, ovvero la quota che ogni anno il privato doveva riconoscere al Comune a fronte della coltivazione della cava. Secondo l’amministrazione comunale guidata da Loris Figoli, per oltre un decennio tale contributo sarebbe stato inferiore rispetto a quanto effettivamente estratto dal sito dall’azienda. Fu proprio il Comune, nel 2012, a commissionare a uno studio specializzato una perizia per fotografare la situazione della cava. Secondo quanto emerso, nel periodo tra il 1994 e il 2006 la differenza tra i quantitativi di materiale effettivamente prelevati e quelli annualmente dichiarati sarebbe stata notevole. Pertanto, il contributo versato sarebbe stato inferiore a quello effettivamente dovuto, provocando così nelle casse comunali un ammanco stimato in oltre 73mila euro.
Da qui l’offensiva legale del Comune, assistito dall’avvocato Marialuisa Zanobini, con la consulenza tecnica d’ufficio che, all’esito di misurazioni e sopralluoghi, ha sostanzialmente confermato la versione dell’ente comunale, ovvero che le volumetrie escavate risultavano di gran lunga superiori: secondo i dati emersi nel corso del primo grado di giudizio, per il periodo 1995-2002 il materiale prelevato risultava pari a 33.331 metri cubi a fronte di un quantitativo dichiarato di 11.650 metri cubi, mentre per il periodo 2002-2008 il materiale prelevato risultava pari a 58.678 metri cubi, rispetto agli 8.090 metri cubi dichiarati. Questo avrebbe comportato un ammanco nelle casse comunali di 73.334 euro: una somma che all’esito del pronunciamento del tribunale della Spezia è lievitata a 94.143 euro considerando l’adeguamento Istat. Nei giorni scorsi, la sentenza con cui la Corte di Appello di Genova ha parzialmente riformato la sentenza, azzerando gli interessi pregressi considerati dal tribunale della Spezia ma condannando ugualmente la società al pagamento delle somme.
Matteo Marcello