REDAZIONE LA SPEZIA

"C’è chi si è liberato da una droga E chi, per gli altri, lascia la carriera"

Don Palei racconta l’esercito di collaboratori che ruota attorno alla Caritas e dà gambe ai progetti "Un migliaio in tutta la provincia. Senza il loro contributo non sarebbe possibile fare la nostra parte"

Un viso che si scompone in tre espressioni diverse, sempre senza perdere il sorriso. Indosso, l’abito talare e vari paramenti sacri. Sopra la testa, un galero prelatizio, forse un augurio del pittore verso il soggetto ritratto. Anche se per Don Luca Palei, che ha appeso il quadro al posto d’onore sopra la sua scrivania, la salita nella gerarchia ecclesiastica sembra essere l’ultimo dei pensieri. Il dipinto gli è stato donato dai suoi collaboratori più stretti, e ben rappresenta il suo essere un sacerdote eclettico, diviso tra la parrocchia di San Giovanni, di cui è parroco, e la Caritas, di cui è direttore.

È in quest’ultima veste che lo intervistiamo. L’ente diocesano è infatti la più importante realtà della nostra provincia che opera nel terzo settore, e proprio al mondo del volontariato, ai suoi protagonisti, è interamente dedicato il calendario che troverete domani in omaggio assieme al giornale. L’ufficio di Don Luca, al secondo piano dell’Episcopio, è una piccola stanza. Spartana e un po’ buia. A riscaldarla e a colorarla, tutta una serie di oggetti che il Don vuole tenere vicino a sé, perché per lui particolarmente significativi. Tra questi, diverse cose di origine africana, tra cui una Madonna con bambino intagliata nel legno. E poi pergamene con cittadinanze onorarie e benemerenze civiche. Dimostrazioni di amicizia da parte di coloro che ha aiutato e riconoscimenti formali dalle istituzioni. In meno di 30 minuti di colloquio, il suo cellulare non smette di vibrare, di illuminarsi, di notificare messaggi. "Mediamente ricevo tra le 180 e le 190 telefonate al giorno, con picchi che superano le 200". Non bisogna però immaginarselo sempre al telefono, in pochi secondi riesce a dare una risposta, a prendere un appunto, ad assicurare all’interlocutore che sì, su quel problema si attiverà quanto prima. E di questioni alla sua attenzione ne arrivano davvero parecchie, non solo dal punto di vista numerico ma anche qualitativo. Una famiglia in difficoltà economica, un senza dimora che cerca un letto caldo dove passare la notte, un nuovo ragazzo in arrivo al centro di accoglienza migranti.

"La Chiesa deve essere come un ospedale da campo dopo una battaglia, così ci ha suggerito Papa Francesco. Si devono curare le ferite, partendo dal basso. Alla Caritas, con tutti i nostri limiti, proviamo a fare questo quotidianamente". Dare una risposta ai più deboli, a chi ha bussato a tante porte senza che nessuna si aprisse, a chi per sfortuna o per scelte sbagliate si trova a percorrere il versante più difficile della vita. "Forniamo 1.400 pasti al giorno a chi non ha i soldi per provvedere da solo al pranzo e alla cena, abbiamo oltre 4000 persone che si servono all’emporio della solidarietà, eroghiamo servizi di microcredito e tanto altro ancora. In totale sono oltre ventimila le persone che abbiamo assistito quest’anno". Ad aiutarlo i collaboratori, sono quasi un centinaio i dipendenti degli enti gestori che operano in stretta comunione con Caritas per dare gambe a una vera moltitudine di progetti. "Fra di loro ci sono storie bellissime, di vero riscatto sociale. Penso a Roberto che dopo una vita lontana dal bene, tra i demoni delle dipendenze, è riuscito non solo a uscire dal tunnel ma a mettersi completamente al servizio degli altri. A Kadija, una ragazza di origine araba che lavora alla Cittadella della pace come mediatrice culturale. Ad Andrea, che aveva una solida professione in ambito finanziario e ha deciso di lasciare tutte le proprie certezze per mettersi in prossimità con gli ultimi". E poi un esercito di volontari, quasi mille sparsi per tutta la provincia. Persone che sottraggono qualche ora del proprio tempo libero per dedicarlo agli altri. "Il loro ruolo è fondamentale. Le nostre risorse provengono dall’8 per mille, e poi dagli enti pubblici e privati che ci sostengono, ma senza il volontariato riusciremmo a fare poco strada".

Vimal Carlo Gabbiani