
La cena a base di pesce al ristorante era finita in un’aula del tribunale per una intossicazione alimentare. Ma alla fine del lungo iter giudiziario il tribunale, accogliendo pienamente la tesi sostenuta dall’avvocato Enrico Conti, ha dato torto alla cliente rigettando la richesta di risarcimento e assolvendo il ristoratore. Non solo, la ricorrente dovrà anche pagare 1500 euro di spese legali. Si è chiusa così una delicata vicenda iniziata il 24 gennaio 2015, che vede protagonista una donna fiorentina all’epoca di 36 anni. Quella sera aveva cenato al ristorante ’Il Gambero’ delle Grazie, solo che durante la notte si era sentita male e il mattino successivo si era recata al pronto soccorso dell’ospedale Sant’Andrea, dove il medico le aveva diagnosicato un’intossicazione alimentare.
La donna aveva dato la colpa al tonno mangiato quella sera al ristorante e si era quindi rivolta al tribunale di Firenze, città dove risiede, chiedendo alla società titolare del locale il risarcimento dei danni derivanti dall’intossicazione alimentare dai cibi somministrati in data 24 gennaio 2015. I titolari del ristorante contestavano la richiesta ritenendola infondata in fatto ed in diritto, chiamando comunque in causa l’assicurazione per essere manlevata dalle pretese avanzate. La stessa assicurazione si costituiva, contestando la fondatezza sia della domanda della cliente che la chiamata in causa del locale. Il processo, complice anche la lunga sospensione per il covid, si è protratto per anni e alla fine il giudice Mario Ferreri ha rspinto la domanda della cliente.
"Nel caso in esame – scrive il giudice – la parte ricorrente ha formulato una domanda di risarcimento danni da intossicazione alimentare e pertanto è da ritenersi richiamata l’ipotesi di responsabilità extracontrattuale". In questo caso, come ha sottolineato l’avvocato Enrico Conti difensore di fiducia dei titolari del ristorante ’Il Gambero’, è il cliente ad essere tenuto a dimostrare di essere finito al pronto soccorso per colpa del cibo consumato in quel ristorante, perché il cibo non era stato conservato correttamente per incuria del ristoratore o perché è stato volutamente servito anche se scaduto pur di non buttarlo via. Nel caso in cui si verifichi un’intossicazione alimentare, sarà quindi il cliente a dover dimostrare che il malore sia connesso a ciò che ha mangiato o bevuto nel locale. Nel caso in esame la cliente non ha soddisfatto a tale onere, non avendo provato ne l’accertamento preliminare dell’avaria dell’alimento, il tonno a suo dire, consumato nella cena del 24 gennaio 2015, ne di conseguenza il nesso causale tra i danni lamentati e la somministrazione del cibo assunto nel ristorante.
Il tribunale, pertanto, oltre a non accogliere la domanda di risarcimento danni, ha condannato la ricorrente a rifondere le spese di lite a favore sia di titolari del ristorante che dell’assicurazione chiamata in causa.
Massimo Benedetti