MARIA CRISTINA SABATINI
Cronaca

Coco, era mio padre: "Il ricordo è fatica. Ma solo la memoria può dare un senso"

La testimonianza del figlio del magistrato ucciso dalle Brigate Rosse "Facevo il Conservatorio e a quindici anni giravo sotto scorta". A Genova l’intitolazione della barca sequestrata alla criminalità.

L’imbarcazione Teta

L’imbarcazione Teta

Una pioggia battente intramezzata da squarci di quiete ha accompagnato in una Genova grigia di inizio autunno, la cerimonia di intitolazione di Teta, barca a vela affidata alla Lega navale italiana, al procuratore generale Francesco Coco, assassinato a Genova, l’8 giugno del 1976 dalle Brigate Rosse, insieme agli agenti della sua scorta Giovanni Saponara e Antioco Deiana. Sotto la sala della sezione della Lega navale italiana di Genova centro, che ha ospitato l’evento, tra le imbarcazioni ormeggiate una vicina all’altra, il Bavaria 34, proveniente dalla sezione di Lerici della Lni ha atteso pazientemente il termine della conferenza per essere insignito di un compito importante, quello della memoria e del ricordo.

Teta è solo una delle ventuno imbarcazioni facenti parte della campagna ‘Mare di legalità’ confiscate alla criminalità organizzata e affidate dallo Stato alla Lega navale italiana perché le faccia rinascere a nuova vita impiegandole in progetti etici di tipo culturale, ambientale, sportivo e sociale. Ogni imbarcazione è stata intitolata a una vittima del terrorismo o della criminalità organizzata e avrà il compito di portare sulla randa e su un gonfalone, che verrà esposto nei diversi approdi, la storia e i valori di quell’eroe dei nostri giorni di cui si fregia di onorare il nome. La campagna ‘Mare di legalità’ è stata tenuta a battesimo, nel giugno scorso ad Ostia, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Di tutte le imbarcazioni, Teta è l’unica ad essere impiegata in una sezione ligure e da ieri ha il compito di diffondere in ogni porto dove giungerà e nella memoria di ogni membro dell’equipaggio che vi salirà a bordo il ricordo del procuratore generale Francesco Coco.

Massimo Coco, aveva 15 anni, quando suo papà è stato assassinato dalle Brigate Rosse. Oggi, docente e musicista affermato, non smette di diffondere la memoria di quello che è accaduto. Perché ricordare è essenziale.

Coco, nel 2013, ha scritto un libro intitolato ’Ricordare stanca’. Perché questo nome?

"Perché la memoria è un dovere. E il dovere è una fatica che dobbiamo portare avanti ma che facciamo mal volentieri. Dobbiamo ricordare anche quello che è triste, quello che ha significato violenza, quello che ha significato in quel momento sconfitta, come la perdita di magistrati, di professori universitari, di persone che facevano semplicemente il loro lavoro e anche di persone comuni".

Suo padre viveva sotto scorta e anche lei per un periodo ha dovuto vivere così. Ce lo racconta?

"Ho cominciato il conservatorio a quattordici anni e mezzo. Eravamo da poco tornati a Genova. Avevano trovato i miei orari di lezione rigorosamente appuntati in un covo. Così, con delle scuse, per non farmi preoccupare, mi facevano accompagnare dalla scorta. Usavamo la macchina di famiglia, mi accompagnava un agente, ma alle volte venivano in due. Salivano in macchina, caricavano le armi. Anche quello che guidava, lo faceva tenendosi una pistola carica stretta tra le ginocchia. Si percepiva un clima molto ostile. Avere gli orari delle lezioni di un ragazzino significava poter contare su una copertura capillare di persone. Non ho mai pensato a tentativi di sequestro nei miei confronti, ma più a manifestazioni di potenza rivolte verso mio padre".

Oggi secondo lei, si ricorda abbastanza?

"Ancora no. Anche se stiamo migliorando parecchio. Ci si è accorti che la memoria è fatica ma è necessaria. Che non si ricorda ancora abbastanza, lo dimostra anche il fatto che un’iniziativa come questa della Lega navale sorprende e anche molto piacevolmente, mentre dovrebbe essere una cosa normale. Eppure, non lo è".

Lunedì, a Genova, ad assistere alla cerimonia e a portare il proprio ricordo e la propria testimonianza, oltre a Massimo e Francesco Coco, rispettivamente figlio e nipote del magistrato ucciso dalle Br era presente il Presidente della Lega navale italiana, amm.iraglio Donato Marzano che ha illustrato la campagna ’Mare di legalità’ e i valori della Lni. Nella mattinata, inoltre, si è parlato dei progetti che l’associazione ’Il porto dei piccoli’ porterà avanti con la Lni anche a bordo delle barche della legalità per accompagnare alla memoria, la speranza.