FRANCO ANTOLA
Cronaca

"Con l’alt ai locali il vino resterà nelle bottiglie"

L’analisi di Alessandro Ferrante della Cia condivisa da Andrea Marcesini del Consorzio. E i pagamenti stanno andando molto a rilento

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di Franco Antola

Sono nubi pesanti quelle che continuano ad addensarsi sulla filiera agroalimentare, le cui prospettive di ripresa, in questa situazione, sono molto difficili da prevedere. Va detto però che in provincia ci sono realtà che hanno assorbito meglio di altre la mazzata della pandemia, diventata in taluni casi, anzi, un’occasione di crescita. Situazioni limitate, ma pur sempre significative. E’ il caso della produzione orticola dei freschi, gli ortaggi di stagione, il cui mercato ha tenuto bene e si è addirittura rafforzato, grazie anche ai mercatini dei produttori . "E’ vero che la gente esce poco di casa, ha paura ed è spaesata – riflette Alessandro Ferrante, presidente di Cia Liguria di Levante – ma certi consumi hanno retto, oltre alle verdure fresche danno segni di sofferenza minore settori la carne e i formaggi, specie quelli di qualità. Ci sono casi di piccole aziende che hanno allargato il proprio mercato grazie alle consegne a domicilio che, cominciate con il primo lockdown, sono poi rimaste come abitudini consolidate".

Insomma, fra le 800 imprese agricole della provincia - a cui si aggiungono molte micro-aziende che restano fuori dalle statistiche ufficiali - il quadro in molti casi è in chiaroscuro. Varie aziende, prima a gestione esclusivamente familiare hanno cominciato ad assumere grazie a nuove opportunità di mercato. "Posso testimoniare che la mia azienda, Orti della Pieve, a San Venerio – assicura Ferrante –- ha incrementato la produzione e con la consegna a domicilio la clientela tradizionale è aumentata". Non altrettanto si può dire per altri comparti, come quello vitivinicolo. "Il vino appena prodotto, senza lo sbocco dei locali – sottolinea Ferrante – è destinato a restare nelle botti, con la conseguenza che nel 2021 i produttori si ritroveranno pieni scorte".

Una valutazione che trova riscontro nell’analisi di Andrea Marcesini, presidente del Consorzio per la tutela dei vini Dop e Igp Colli di Luni Cinque Terre Colline di Levanto e Liguria di Levante, che raccoglie 63 aziende, più del 90% del Levante Ligure, dalla Val di Magra alle Cinque Terre: "La situazione è di grande incertezza, tre mesi di chiusura totale hanno avuto come conseguenza un’ uscita minima di vino dalle cantine. Nei mesi estivi abbiamo lavorato abbastanza bene ed stato possibile recuperare in parte le perdite di fatturato, soprattutto per le aziende più strutturate che disponevano, per il Colli di Luni, di maggiori canali di vendita, la perdita però rimane. In alcune aree come le Cinque Terre la sofferenza è stata gravissima, a causa dalla mancanza dei turisti stranieri".

Le prime valutazioni parlano, in generale, di una perdita di fatturato dell’ordine del 25%, cheregistra però anche punte maggiori, superiori al 30%. Avendo riferimento alla vendemmia 2019, si parla in totale di una produzione provinciale, tra Doc e Igt, di 2.400.000 bottiglie. La produzione media degli ultimi anni è stata di 12mila ettolitri per il Colli di Luni, 2.500 per il 5 Terre, 600 le Colline di Levanto e 3.000 Liguria di Levante. Trovare sbocchi di mercato per una tale mole di prodotto in tempo di emergenza pandemia è impresa molto complicata. "Oggi – aggiunge Marcesini, titolare dell’azienda La Felce a Luni – la grande paura per i produttori è legata alle difficoltà di vedere saldate le forniture, con la aziende della ristorazione in piena crisi a causa delle chiusure. I pagamenti stanno andando molto a rilento, anche se le situazioni sono diversificate. I nostri vini, generalmente più costosi, vanno in tavola soprattutto nelle cene o pranzi importanti, che sono stati cancellati. Nei mesi estivi, per questo, hanno retto meglio i vini meno impegnativi serviti per lo più a pranzo o per gli aperitivi, nei locali aperti a mezzogiorno. Quest’anno la produzione è andata piuttosto bene e il rischio è di trovarsi con le cantine piene e con la corsa a vendere il vino al ribasso a causa della forte concorrenza, oltretutto concentrata in Italia. Danni solo in parte compensati dall’incremento della vendita ai privati in azienda".

E intanto il Natale si avvicina: per molte aziende vinicole, un incubo dal punto di vista commerciale invece che un’opportunità: "I nostri vini – spiega Marcesini – hanno una connotazione prevalentemente estiva, e già in condizioni normali il mercato natalizio era piuttosto limitato, facile immaginare cosa potrà succedere se le chiusure dei locali andranno avanti".