Da Spezia alla Lunigiana nel nome della Resistenza

I partigiani nella zona passati da 300 a 3200 fra primavera ed estate del ’44. Nella strage di Mommio perse la vita Ottavio Manfroni ’Speza’ del Felettino .

Da Spezia alla Lunigiana nel nome della Resistenza

Da Spezia alla Lunigiana nel nome della Resistenza

Tra la primavera e l’estate 1944 i partigiani delle province di Spezia e di Apuania passarono da 300 a 3.200. I ribelli spezzini erano nei monti circostanti, sia perché la Resistenza era molto difficile nella città – piazzaforte militare – sia perché l’obiettivo era creare il maggior danno possibile ai tedeschi e ai fascisti nelle infrastrutture: la ferrovia per Parma e le statali della Cisa e del Cerreto. Dal marzo si passò da una resistenza difensiva tipica del mondo contadino e delle bande locali, a una resistenza attiva e guerrigliera. I partigiani attaccavano i presidi della Guardia nazionale repubblicana, dove spesso i carabinieri si arrendevano e passavano con i ribelli, e agivano per far crollare il sistema degli ammassi obbligatori dei prodotti agricoli e del bestiame, d’intesa con i contadini. Nel fivizzanese nacque il più forte nucleo partigiano del bacino della Magra: vicino a Mommio, dove il radiotelegrafista alleato Domenico Azzari aveva creato un campo di lancio per ricevere armi e aiuti. Con lui c’erano giovani del luogo guidati da Angelo Marini, militari sbandati, anche stranieri, renitenti alla leva e partigiani spezzini inviati da comunisti e azionisti. Era un antifascismo istintivo, molto poco politico. Alle azioni del gruppo, molto sopravvalutate, il nemico reagì il 4 e 5 maggio con il più grande rastrellamento compiuto fino a quel momento nella zona: 2.000 nazisti e fascisti contro 60 partigiani, che riuscirono a disperdersi.

Fu il paese di Mommio, completamente incendiato, a pagare più di tutti: 22 i morti. Due i partigiani, Ottavio Manfroni “Speza” (era del Felettino) e il fivizzanese Guido Savina. In onore di Manfroni la banda di Marini prenderà il nome “La Spezia”. L’entusiasmo crebbe a giugno, dopo la liberazione di Roma e lo sbarco in Normandia. Le azioni ripresero a Comano, Casola, Fivizzano. Il 23 giugno gli uomini della X Mas, al comando di Umberto Bertozzi, uccisero a Spicciano tre partigiani: Bruno Mezzani, spezzino, Rino Battolini e Pierino Cozzani, di Vezzano. I corpi furono esposti nella Piazza Medicea di Fivizzano. Un altro partigiano fu ucciso il 4 luglio. L’episodio anticipò il grande rastrellamento Wallenstein I, all’inizio di luglio, che impegnò 5-6 mila uomini e investì, in Lunigiana, Comano, Licciana, Bagnone, Filattiera e parte del pontremolese e del fivizzanese. La banda 37b sbandò. Sette ribelli furono uccisi in combattimento, l’ottavo, Adelmo Bottero, fu torturato, legato alla ringhiera della chiesa di Lusana e fucilato. La durezza contro i civili fu estrema: almeno una trentina le vittime, tra cui un bambino, una anziana, il parroco di Camporaghena Lino Baldini, il medico Giuseppe Giannotti di Panicale. I nazifascisti dimostrarono di avere una supremazia militare, ma non riuscirono a soffocare le bande partigiane e di dividerle dalla popolazione civile.

Giorgio Pagano

(co-presidente del Comitato provinciale della Resistenza)