REDAZIONE LA SPEZIA

Dai campetti alle armi. L’antifascismo di Tanca nato dal patriottismo

Tenente decorato per la campagna d’Africa, salì ai monti nell’estate del ’44. Da disertore si unì alla brigata garibaldina Vanni e ne assunse il comando. Sfinito dai postumi di un congelamento, cadde da eroe a Pieve di Zignago.

Fotografia di un gruppo del battaglione Vanni a Bozzolo (dal sito dell’Isr)

Fotografia di un gruppo del battaglione Vanni a Bozzolo (dal sito dell’Isr)

Astorre Tanca, nato alla Spezia nel 1918, si diplomò all’istituto magistrale. Era un bravo calciatore, dello Spezia e della Sarzanese: per questo, nel dopoguerra, si pensò di onorare la sua memoria dedicandogli il campo sportivo di via Lunigiana. Fu la guerra a costringere Astorre ad abbandonare la passione calcistica. Nel 1940 fu chiamato alle armi: promosso tenente e decorato per la sua audacia in Africa, fu ferito e tornò in Italia per curarsi. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e lo sfacelo dell’esercito, entrò nel nuovo esercito della Repubblica di Salò.

Quindi Astorre, che aveva fatto la guerra fascista, non divenne subito antifascista. Possiamo immaginare il trauma di quei militari e la maturazione in molti di loro della consapevolezza che la difesa della patria e il riscatto dell’onore nazionale comportavano la scelta di battersi contro gli invasori tedeschi e i loro alleati fascisti. Astorre disertò nel febbraio 1944 e cercò il contatto con le prime bande partigiane, che erano allora molto deboli. All’inizio non fu facile, le mentalità erano molto diverse. Ma poi la Resistenza si rafforzò, e molti militari capirono che le bande dei guerriglieri non potevano che essere tutt’altra cosa dagli eserciti tradizionali. E’ quel che accadde anche a Tanca, che salì in montagna nell’estate del 1944 nella brigata garibaldina Vanni.

Dopo il rastrellamento d’agosto che distrusse la brigata, Astorre fu protagonista di tante azioni: l’8 ottobre nel Calicese, poi a novembre a Migliarina e a Fornola, dove fu anche ferito. Nela Vanni ci fu uno scontro interno: la maggioranza degli uomini voleva un maggiore attivismo e meno spirito gerarchico, e fu proprio Tanca, per il suo carisma e le sue doti militari, a essere scelto come nuovo comandante. Astorre si impegnò valorosamente nel grande rastrellamento del 20 gennaio 1945: la Vanni contenne il nemico e si “sganciò” verso il monte Gottero, in una marcia terribile a causa delle temperature rigidissime. Astorre aveva gravi problemi di congelamento, ma rifiutò le cure per riorganizzare la brigata. E ciò gli fu fatale. Il 4 marzo 1945 i tedeschi attaccarono a Pieve di Zignago il comando della brigata. Tanca, menomato dai postumi del congelamento e impossibilitato a muoversi con rapidità, affrontò il nemico, consentì lo “sganciamento” dei compagni e cadde sul campo, insieme ai suoi compagni Battista Marini e Merio Scopsi “Stevens”.

A Pieve di Zignago rimase fino alla Liberazione la mamma Armida, che giornalmente era a tenere compagnia al figlio sulla tomba, nel cimitero di quel paese. Era stata un punto di riferimento per i partigiani della Vanni, perché faceva la spola tra la città e la montagna portando informazioni e aiuti: la chiamavano “zia Armida”. Il 4 marzo c’era anche la madre di Scopsi, che era venuta a trovare il figlio nel giorno del suo compleanno.

Viviamo purtroppo in una repubblica rimasta senza pantheon, caratterizzata cioè da un grave deficit di identità nazionale. La storia raccontata oggi ci dice che il nuovo pantheon di cui abbiamo bisogno è fatto dai comandanti, dai grandi uomini, ma non solo e non soprattutto: è fatto dalle madri e dalla gente comune. E’ fatto da tutti coloro che, indipendentemente dalla loro appartenenza politica, si sono battuti per la nostra democrazia.

Giorgio PaganoCo presidenteComitato unitariodella Resistenza