
Dalla strada al lavoro. Quasi trent’anni di Ciofs. E ora un bar didattico nel tempio di Don Bosco
Nel 1877, invitato da don Domenico Battolla – l’abate di Santa Maria Assunta che pochi anni prima aveva benedetto l’Arsenale appena costruito – Don Bosco visitò Spezia per la prima volta. La città stava attraversando un periodo di grande trasformazione: l’edificazione della base navale aveva segnato una svolta vera, la popolazione aumentava ogni giorno di più e nuovi quartieri sorgevano con a ritmo serrato. Uno sviluppo impetuoso, concentrato in poco tempo, e quindi per certi versi anche difficile da gestire e governare. Don Bosco, camminando per le vie della città, si rese immediatamente conto che uno dei problemi sociali più rilevanti era costituito dai tanti giovani e giovanissimi che girovagavano a vuoto senza avere una meta o uno scopo precisi. Mancavano scuole e centri di formazione capaci di accompagnare i ragazzi verso il lavoro, istruendoli e preparandoli. I salesiani, su impulso del loro straordinario fondatore, diedero allora vita a numerose iniziative e stabilirono con Spezia un legame speciale.
Una relazione che dura ancora oggi, nella sua missione educativa soprattutto attraverso l’opera delle suore Figlie di Maria ausiliatrice che nel 1996 aprirono la sede spezzina del Ciofs, in origine l’ente salesiano di formazione femminile, e oggi aperto a tutti, ragazze e ragazzi. In 28 anni sono stati migliaia i giovani che si sono formati nei locali di viale Amendola, trovando una seconda possibilità di realizzazione dopo un abbandono scolastico o una scelta non indovinata. "Per Don Bosco – sottolinea suor Nila Mugnaini – era importante il concetto di imparare facendo, mettendosi alla prova, per avere una dignità di persona e di cittadino".
Sono parole che la suora dice commuovendosi, ma sono lacrime di gioia perché per il Ciofs questi sono giorni di festa. Martedì è stato infatti inaugurato il nuovo bar didattico del centro, un progetto frutto di un grande lavoro di squadra tra gli studenti del secondo anno e l’équipe dei formatori. "Abbiamo deciso – spiega suor Nila – di aderire a una proposta di Regione Liguria, che prevede la possibilità di sperimentare un’impresa formativa didattica. Il bar sarà aperto al pubblico dal 12 marzo, il martedì e il giovedì dalle 15 alle 18. Aperitivi, caffetteria, snack dolci e salati, la brigata di cucina è pronta soddisfare tutti i gusti e tutte le richieste, mentre l’intero il ricavato sarà reinvestito nella didattica. Pure essendo senza scopo di lucro, di vera e propria impresa si tratta, con tanto di nome ad hoc pensato dagli studenti. "Hanno deciso di chiamarlo ’Lighthouse Coffee’ – spiega la docente di informatica Francesca Calamita – prendendo spunto da ciò che vedono dalle finestre della loro aula, il faro collocato al centro della rotonda in fondo a viale Amendola. Un nome che ha un profondo significato simbolico. Lighthouse in inglese significa faro, una guida che orienta e conduce le rotte, così come un punto di riferimento dal punto di vista educativo sarà per loro questa impresa formativa". A distanza di oltre un secolo e mezzo l’intuizione di Don Bosco continua a vivere.
Vimal Carlo Gabbiani