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Diga beach? Incagliata Le istituzioni nicchiano Il proponente non molla "Stiamo affinando il piano"
Il tema ’diga beach’ - ossia i ragionamenti sulle potenzialità turistiche della barriera frangiflutti costruita alla fine dell’Ottocento a protezione nel porto – ha uno sviluppo ad andamento carsico: un sali e scendi che parte dal 2007 e che, nell’alternarsi dei silenzi, passa per le richieste di concessione demaniale, gli annunci istituzionali, un concorso di idee e i ricorsi e sentenze contro gli immobilismi amministrativi che hanno comportato l’incagliarsi dei progetti. In particolare uno, quello denominato "Isole nella corrente" che, nella propaggine di levante della diga (in fregio a Santa Teresa), su un’area di 3.758 metri quadrati: la realizzazione di un ristorante sulle ceneri del vecchio casotto diruto costruito a supporto del faro rosso, un pontile galleggiante per l’ormeggio dei natanti, paiolati di legno per muoversi in sicurezza sugli scogli. Il progetto è stato presentato 16 anni fa nell’Autorità (allora solo) portuale ma è rimasto al palo per varie ragioni, fra le quali il timore delle inferenze che la stessa potrebbe avere con l’attuale destinazione dell’area a mitilicoltura
Il proponente, il geometra Giacomo Maregatti, aveva iniziato a coltivare il progetto insieme al socio Roberto Sani nel 2006. "L’amico fraterno si è spento un anno e mezzo fa, amareggiato e deluso per gli ostacoli incontrati. Io non mollo, anche per onorare la sua memoria" dice con piglio affettuoso e determinato.
Tutto fermo?
"A dire il vero no. E’ da un paio d’anni che, con la volontà del nuovo presidente dell’Autorità di sistema portuale Mario Sommariva, abbiamo iniziato un nuovo iter burocratico che ha portato al rilancio della nostra vecchia istanza fino alla possibilità di traguardare una durata decennale della concessione in luogo della precedente prospettazione del 2008 che la limitava la possibilità di una fruizione biennale dell’area, rendendo insostenibili gli investimenti. In parallelo si è aperta la prospettiva dell’indizione di una nuova conferenza dei servizi".
Cosa è successo da due anni a questa parte?
"Abbiamo prodotti nuovi documenti richiesti tra cui lo studio del moto ondoso che ha dimostrato che le mareggiate previste non danneggiano le strutture poste a 40 metri dagli scogli e che comunque il sito non sarebbe frequentato da persone in caso di condimeteo avverse: impossibile arrivarvi. Sono poi in corso altri approfondimenti in materia ambientale per sgombrare il campo dal pensiero di un impatto insostenibile delle opere".
La sostenibilità di queste a cosa viene ricondotta?
"Nessuno scarico in mare ma reflui trattati in sito in un apposito impianto con finalità di irrigazione delle aree verdi di progetto nell’ambito del sito tra trasformare in spiaggia libera e attrezzata, pannelli solari per soddisfare parte dei bisogni energetici e, sul piano dei volumi, meri rifacimenti strutturali con approntamento di terrazze, bar e bagni a cornice del manufatto".
Che ne sarebbe di questo?
"Sarebbe articolato su due piani e realizzato con una struttura leggera in acciaio smontabile rivestita con pannellature sandwich in legno, trattamenti esterni per la resistenza alle aggressioni marine di colorazione rossa in continuità col cromatismo del faro ai fine di non creare confusione ai natanti. Tutto ovviamente nel pieno rispetto della tutela paesaggistica l’area richiede".
Come rendere praticabili in sicurezza gli scogl della digai?
"Già nel 2006 avevamo previsto dei pagliolati di legno. Si tratta della stessa soluzione che la Regione Liguria lo scorso anno ha traguardato per dare forma a nuove spiagge libere attrezzate. Che dire? Ci avevamo pensato molto prima...".
Come approdare a diga beach?
"Prevediamo, fuori dell’area in concessione dei mitilicoltori, un pontile galleggiante di 24 metri per l’ attracco temporaneo finalizzato allo sbarco. Il servizio sarebbe da organizzare. Potrebbero poi essere studiati altri assist a diportisti e fruitori. Così come, se fosse impossibile approntare una linea Enel e i pannelli solari si rivelassero insufficienti ai bisogni, potremmo pensare all’idrogeno green".
Corrado Ricci