REDAZIONE LA SPEZIA

Due palombari esploratori in Antartide

Gli operatori del Comsubin a supporto degli scienziati dell’Enea per gli studi sui cambiamenti climatici che minano il globo

Il freddo pungente di questi giorni? Temperature "estive" per loro. Il giorno che cede il passo alla notte? Un’alternanza ritrovata. I palombari Ivano Cardinali e Paolo Giannoni – primi luogotenenti della Marina Militare in forza al Comando Subacquei ed Incursori del Varignano, il primo romano, il secondo lucchese – sono appena rientrati dalla missione ambientale in Antartide che li ha visti impegnati a supporto degli scienziati dell’Enea. Stanno godendosi le famiglie dopo quattro mesi di assenza; Ivano con l’aggiunta della soddisfazione fresca di calendario: suo figlio Alessio ha appena ottenuto il brevetto da palombaro.

Quella svoltasi dal 10 ottobre a venerdì scorso è stata per loro la seconda missione nel territorio estremo popolato di foche e pinguini, nella stagione più propizia per le visite: l’estate, fatta di temperature sempre sotto le zero ma nella continuità della luce del sole che stempera i rigori polari. Una missione questa volta caratterizzata dall’emergenza Covid -19 che ha contratto le operazioni di ricerca, sacrificando l’ambito abituale delle immersioni nelle quali in passato i due palombari erano stati impegnati come guide: dal mare, questa volta, solo prelievi con secchi e salai, previo carotaggio del pack. Comunque fondamentale e preziosa la presenza dei due ’veterani’: "Abbiano curato gli aspetti logistici della missione, soprattutto quelli connessi agli spostamenti aerei degli scienziati nei punti attenzionati per gli studi e ai trasporti di materiali, sulla nave rompighiaccio Laura Bassi, per la base operativa ’Mario Zucchelli’ nella baia di Terranova, nel mare di Ross" dice Paolo Giannoni.

Emozioni?

"Quella di sentirti protagonista di un sodalizio perfetto tra uomo, mare ed ambiente" dice il palombaro spezzino.

"La sensazione che si impone è quella della piccolezza dell’uomo rispetto alla grandezza della natura. Il silenzio del ghiaccio carica poi di sacralità l’esplorazione...." dice Ivano Cardinali che, lontano dalle folle, si è sentito più vicino a Dio e parte attiva della tutela del Creato.

Una natura, quella dell’Antartide, da osservare anche per la funzione-sentinella che offre rispetto a cambiamenti climatici. E’ quello che fa l’Enea, da 36 anni alla guida delle esplorazioni al Polo Sud.

Sull’importanza di spingersi fino al continente bianco per capire i destini del mondo ha più volte riferito la biologa marina dell’Enea Chiara Lombardi, lericina, già protagonista di precedenti missioni. "L’oceano meridionale si sta rivelando vulnerabile ai cambiamenti indotti dalle attività antropiche, e in particolare agli effetti dell’acidificazione, conseguenza dell’abbassamento del pH, dovuto all’aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera".

Posta in gioco?

"Le temperature, destinate ad aumentare. E quindi gli uragani, gli eventi meteo estremi, che si allungano anche alle nostre latitudini...".

Lo aveva intuito già dal 1969 il comandante Aimone Cat alla guida della prima spedizione italiana in Antartide, col San Giuseppe 2; la storica unità armata a feluca, con due vele latine, è ora custodita in Arsenale alla Spezia per effetto della donazione alla Marina Militare da parte della sorella dell’esploratore, nell’auspicio della valorizzazione museale,che tarda ad arrivare. Ma questa è un’altra storia, da raccontare.

Corrado Ricci