REDAZIONE LA SPEZIA

Gamba amputata, risarcita dopo quasi 15 anni

Riconosciuta la colpa medica a causa di un’infezione contratta in una casa di cure. Mezzo milione di euro a una novantacinquenne

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Era stata ricoverata per l’applicazione di una protesi al ginocchio destro: sperava di tornare a camminare in scioltezza. Dopo un lungo calvario innescato da un’infezione contratta in ambiente ospedaliero durante l’intervento chirurgico, ha invece perso l’intera gamba: impossibile recuperarne la funzionalità, l’arto è stato amputato.

Per una donna spezzina di 95 anni è scoccata ieri l’ora del riconoscimento del risarcimento del danno: 500mila euro di ristoro. E’ stato definito attraverso la sentenza del Tribunale di Firenze davanti al quale la donna, assistita dall’avvocato Gianfranco Borrini, aveva incardinato la causa contro le strutture toscane responsabili delle sue tribolazioni: la Casa di cura Frate Sole di Figline Valdarno, dove venne operata e dove fu colpita dall’infezione e la Casa di cura San Camillo di Forte dei Marmi dove era stata ricoverata per fronteggiare l’emergenza mai però superata, anzi aggravatasi progressivamente fino alle estreme conseguenze dell’amputazione della gamba.

Il Tribunale, all’esito di una consulenza tecnica d’ufficio, ha certificato la responsabilità "medico-sanitaria" delle due strutture, con indotta ripartizione del risarcimento in relazione al grado della colpa. Alla distanza si è rivelata più grave quella del San Camillo. Nessuna attribuzione personale di responsabilità diretta ma colpe strutturali quelle emerse dal processo civile. A saldare il conto sarà l’assicurazione citata in giudizio dall’avvocato Borrini che ha assistito l’anziana e battagliera donna che aveva inteso ricorrere alla giustizia per vedersi riconoscere i danni e risarcimento conseguente.

L’operazione al ginocchio che ebbe come conseguenza la genesi dell’infezione risale al 2007. Successivamente la paziente dovette affrontare numerosi altri ricoveri che si risolsero in un lungo e doloroso calvario. Purtroppo nel 2013, dopo le cure inefficaci al San Camillo, al fine di evitare il progredire dell’infezione, l’anziana dovette subire l’amputazione dell’arto, al terzo medio superiore della coscia destra.

L’amore dei familiari, che con grande dedizione hanno assistito la congiunta nel tormentato percorso ospedaliero (passato anche dal Sant’Andrea), nulla ha potuto per salvarle la gamba.

Da otto anni la mobilità per l’anziana è possibile con l’uso della carrozzina e delle stampelle. Anche questo profondo disagio è stato oggetto di riconoscimento nella sentenza del Tribunale di Firenze, tarata sulle aspettative di vita dell’anziana spezzina.

Corrado Ricci