L’accordo è adesso nero su bianco: Giovanni Toti dovrà svolgere lavori di pubblica utilità per la Lilt, la Lega italiana che si occupa della lotta contro i tumori. A stabilirlo è stato ieri mattina il giudice per l’udienza preliminare Matteo Buffoni, ratificando la pena – due anni e tre mesi, convertiti in 1620 ore di lavori socialmente utili – frutto del patteggiamento che l’ex presidente della Regione Liguria ha concordato con la Procura. E sui contenuti dell’attività la sentenza è chiara. Toti dovrà assistere i pazienti e i familiari in tutte le loro esigenze: per lui compiti di segreteria, archiviazione dei dati, refertazione dei prelievi, chiamate al domicilio per ricordare la corretta cadenza delle visite di screening; ma anche, all’occorrenza, trasferte per accompagnare in reparto i malati di cancro impossibilitati a lasciare autonomamente la loro abitazione". L’ex governatore potrebbe iniziare a scontare la pena già a gennaio, appena il dispositivo del gup passerà in giudicato. Automatiche le conseguenze che discendono dall’applicazione della legge Severino e che riguardano i tempi, assai dilatati, di un eventuale ritorno sulla scena politica: la norma prevede infatti che per le candidature locali la riabilitazione possa essere richiesta soltanto tre anni dopo aver scontato la pena, mentre per il Parlamento lo stop è di sei anni.
"Nulla di inatteso – ha commentato Toti a caldo, a margine dell’evento organizzato alla Camera per la presentazione del suo libro Confesso: ho governato –. Abbiamo scelto la via del patteggiamento perché ritengo che di tutto questo si debba parlare in Parlamento: fino a quanto in Italia asservimento della funzione, traffico di influenze e voto di scambio saranno ipotesi di una nebulosa difficilmente dimostrabile, resteremo nell’ipocrisia che piace a tanti ma che fa male al Paese. Non voglio attaccare i magistrati – ha aggiunto –: nel mio caso hanno sbagliato, ma gli strumenti per questo grave errore li ha forniti loro la politica". Toti ha quindi rivendicato la scelta di rassegnare le dimissioni: "Era giusto tornare alle urne, mi pare tuttavia che i cittadini, che sono il giudice naturale della politica, abbiano dato una valutazione abbastanza netta". Quanto alla scelta dell’ex ministro Andrea Orlando di lasciare il Parlamento per restare in Consiglio regionale, il fondatore di Cambiamo ha soltanto parole di elogio: "Non era una decisione facile, in Parlamento avrebbe fatto una vita assai più agiata, ma è stato coerente e ha tutta la mia stima".
Insieme a quella dell’ex governatore, ieri in tribunale a Genova si è chiusa anche la posizione dell’ex presidente dell’Autorità portuale, Paolo Emilio Signorini (3 anni, 5 mesi e 28 giorni) e quella dell’imprenditore Aldo Spinelli (3 anni e 3 mesi).