Anche se per tempi limitati in ruoli apicali e con risorse non adeguate ai bisogni avrebbero comunque dovuto fronteggiare con lena l’emergenza amianto nelle navi e negli arsenali della Marina Militare. E’ questo lo zoccolo duro delle motivazioni con le quali la Corte di appello di Venezia, ribaltando il verdetto di primo grado del Tribunale di Padova, ha condannato alcuni personaggi chiave nella storia della forza armata. La sentenza è del giugno scorso. Le motivazioni sono fresche. Riguardano quattro ammiragli. Da molto tempo in pensione, hanno servito la Marina inanellando responsabilità, soddisfazioni e riconoscimenti. Alla distanza arrivata la mazzata: condannati per non essersi adoperati come avrebbero dovuto - a capo dei servizi sanitari, della squadra navale e dello stato maggiore della Forza Armata, tra gli anni Ottanta e la fine degli anni Novanta - per fronteggiare i rischi da esposizione all’amianto. Loro sono Agostino Di Donna (direttore generale di Marispesan dal 1983 al 1992 e poi direttore di Difesan, dal 1988 al 1990), Angelo Mariani (per due anni, dal 1992 al 1994, comandante di Cincnav e poi fino al 1998 numero uno della Marina), Sergio Natalicchio (dal 1995 al 1998 direttore di Marispesan e poi fino al 2000 di Difesan), Guido Venturoni (per un anno, a cavallo fra il 1991 e il 1992, comandante di Cincnav e poi, fino al 1993, capo di stato maggiore). Pene calibrate (e sospese) per loro – per il reato di omicidio colposo – rispettivamente a due anni; un anno e 6 mesi; un anno e un anno e sei mesi di reclusione. In appello, sulla base degli affondi del pm Paola Cameran, è emerso il rapporto di nesso causale tra omissioni e decessi. Ciò riguarda cinque vittime, fra cui l’aiutante spezzino Enzo Renzoni, spirato nel 2007 dopo sei mesi di calvario La sentenza della corte veneziana, presieduta Patrizia Montuori, chiama in causa, sul piano della responsabilità civile, il ministero della Difesa chiamato a concorrere con gli imputati al pagamento di "provvisionali" sull’ordine di 50mila euro immediatamente esecutive a favore degli eredi delle vittime costituitisi parti civili. Strada aperta anche ai risarcimenti delle associazioni costituitesi in giudizio. Alla distanza hanno prevalso le ragioni dell’accusa ancorate al grande lavoro investigativo svolto da una persona: l’ispettore Omero Negrisolo, ora in pensione e teste in vari procedimenti civili tesi a risarcimento per l’esposizione all’amianto.
CronacaGli ammiragli condannati "Così snobbarono l’insidia"