La Spezia, 19 dicembre 2020 - Restano spente le luci dei circoli Arci. E insieme a loro inizia a spegnersi anche la speranza di poter tornare a condividere momenti di socialità. Il grido di allarme si alza da chi ha passato parte della sua vita impegnandosi per mantenere vivi i quartieri e i paesini, offrendo un punto di ritrovo per molte persone. Il tema dell’apertura delle attività è stato il leitmotiv del 2020.
I Dpcm si sono susseguiti stabilendo di volta in volta regole nuove: orari ridotti o giorni di chiusura per i bar. Tuttavia, a rimanere fuori dalla luce dei riflettori sono state soprattutto le Associazioni ricreative culturali, che vogliono essere prese in considerazione e avere delucidazioni sul loro futuro.
E’ Stefania Novelli , presidente Arci territoriale La Spezia, la prima parlare nell’incontro organizzato proprio per spiegare la situazione. "Il mondo circolistico è poco rappresentato e spesso non se ne conosce il valore, facciamo attività con anziani, con persone diversamente abili e coinvolgiamo chi vive solo, ci sentiamo sacrificati perchè ogni nostra attività è sospesa: dalla somministrazione di alimenti e bevande alla lettura di libri – continua Novelli – chiediamo di essere ascoltati e di poter riprendere le attività effettuabili in sicurezza".
I rappresentanti Arci presenti all’incontro ricordano quale sia stato il loro ruolo durante il lockdown: spesa sospesa, consegna di beni a domicilio e aiuto nel compilare i moduli per la richiesta di aiuti economici, attività necessarie per chi era in difficoltà. Alberto Tognoni , presidente Arci Val di Magra, sottolinea l’importanza dei circoli per le fasce che hanno risentito maggiormente della pandemia: "Il circolo spesso ha la funzione di salvare un anziano dalla solitudine e dal senso di abbandono, quando si è giovani si può sperare nel domani, quando si è più in su con gli anni può capitare di sentirsi isolati e rassegnati. I nostri spazi fanno sentire parte di un gruppo e aiutano le persone a dialogare e confrontarsi, ora come non mai, la solitudine va contrastata – prosegue Tognoni – vedere le serrande dell’unico luogo dove "si ha qualcuno" abbassate può far male".
Dai racconti emergono tante esperienze, alcuni dei soci hanno perso i loro affetti più stretti a causa del Covid-19 e i pochi contatti rimasti erano legati alle attività dei circoli di quartiere. Elena Serio , dell’Arci Bolano, racconta: "Nei paesi piccoli come Bolano il circolo è uno dei pochissimi punti di ritrovo, le persone che non possono muoversi autonomamente si ritrovavano sotto casa a fare due chiacchiere, adesso non possono più venire a trovarci e immagino che per loro non sia facile stare a casa completamente soli senza un luogo dove bere un caffè in compagnia".
Andrea Pucci, dell’Arci La Pianta, mette l’accento anche sulla ricaduta economica della chiusura. "Ho tre dipendenti in cassa integrazione e ho investito per comprare tutti i dispositivi per proteggere i soci. Qui ci conosciamo tutti e per gli Arci è facile prendere nota di chi entra: infatti, per accedere alle nostre strutture è obbligatoria la tessera e noi abbiamo i dati degli iscritti. Non capiamo perché i bar possano aprire, mentre noi siamo chiusi dal 25 ottobre – conclude Pucci – mi chiedo come possiamo andare avanti senza ristori e senza sconti su nulla, vorremmo che la politica del territorio si interessasse alla nostra situazione". I presidenti dei circoli Arci chiedono che venga riconosciuto il valore del loro lavoro, sia su un piano sociale che economico, la loro volontà è quella di poter svolgere in sicurezza attività fondamentali per la socialità è la cura delle fasce più deboli.