
Fondato nel 2020 e con sede a Vienna, il Kandinsky Quartet è un giovane ensemble. In prima, Ignazio Alayza in uno scatto di Camilla Manfredini
La nuova tappa di ‘Concerti a Teatro’, rassegna curata dalla Fondazione Carispezia, ci dà la possibilità di fare una piacevole chiacchierata con Ignazio Alayza, noto violista spezzino del Kandinsky Quartet, protagonista insieme a Marie Chilemme dell’appuntamento di stasera, alle 20.45, al Teatro Civico.
È ancora Vienna la sua casa? "Vivo lì da ormai sei anni, nonostante una piccola pausa fra 2021 e 2022 nella Repubblica Ceca – esordisce Alayza, classe 1994 –. Adoro la città, in particolare la sua atmosfera internazionale e la sua eredità storica, ma pure il perfetto equilibrio tra fermento culturale e una certa sensibilità vagamente latina al godersi la vita con calma. Purtroppo torno di rado alla Spezia, ma sempre volentieri, dato che mia mamma sta lì e, sotto le feste, sono sicuro di ritrovare i miei amici di sempre in visita alle loro famiglie".
Non solo formazioni composte da soli archi, anche con altri strumenti. "Nonostante al momento ci si concentri quasi totalmente sul quartetto d’archi, non sono rare le nostre collaborazioni con pianisti come Elisabeth Leonskaja, o altri strumentisti e musicisti: un’esperienza tutta particolare per noi è stata esibirci a Verbier nel 2023 con i membri dell’Accademia di canto e con una flautista e una trombonista. Ad agosto ci cimenteremo addirittura con la guida delle sezioni degli archi di un’intera orchestra sinfonica in Irlanda. Trovo particolarmente affascinante incontrare strumenti diversi da quelli della famiglia degli archi. Non è raro trovarsi a lavorare su pagine della letteratura del quartetto e sentire la necessità di cantare come un contralto, fraseggiare come un oboe, articolare come un pianoforte".
Ci racconta il programma della serata di lunedì (stasera per chi legge, ndr.)? "Contiene due omaggi a due giganti della musica austriaca: Schubert e Mozart. Il brano di Schubert che proporremo, il Quartettsatz, è una gemma che, nella sua brevità, unisce virtuosismo strumentale e lirismo vocale e un vortice di emozioni opposte, che si fondono l’una con l’altra a un ritmo forsennato. Il gran finale, che prevede la collaborazione della straordinaria Marie Chilemme, è costituito dal Quintetto in do maggiore K 515 del genio di Salisburgo. Il brano che ‘spezza’ il concerto a metà è stato composto nel 2013 per il Quartetto Diotima, nostri mentori storici per quanto riguarda la musica contemporanea. La compositrice Clara Iannotta si lascia ispirare dal romanzo ‘Infinite Jest’ e traduce le sue impressioni in suoni in ‘A Failed Entertainment’. Abbiamo eseguito questo brano per la prima volta alla Biennale di Venezia lo scorso autunno e sono particolarmente elettrizzato dal poterlo proporre a Spezia, la città futurista per eccellenza".
Cosa significa tornare con un curriculum importante a suonare al Teatro Civico? "Una grande emozione: ho perso il conto delle volte in cui sono stato seduto come spettatore da bambino e adolescente, e quelle in cui sono stato sul palco (o in buca) con l’Orchestra del Conservatorio, sotto la direzione del maestro Giovanni Di Stefano. Anni e anni dopo, nel ‘rincasare’, sento una sorta di piacevole pressione".
Un legame speciale con la Fondazione Carispezia e con Miren Etxaniz? "Un affetto di lunga durata: ricordo ancora quando Miren contattò me, studente liceale al Costa, e tanti miei giovanissimi compagni, per mettere insieme il progetto Gosp. E pure come nacque la stagione dei ‘Concerti a Teatro’, motivo di vanto per la città, in cui fin da subito è sempre stata ricorrente la presenza di un quartetto d’archi, come il Belcea o l’Aris, assieme ai quali abbiamo avuto modo di esibirci più volte in Germania. Un onore, oggi, far parte di questo cartellone, per il ruolo determinante che esso ha nella scena culturale del territorio".
Diverse le sue ‘divagazioni’ dalla classica: la ricordiamo, ad esempio, allo SpeZialfestival organizzato da ‘La Nazione’ una decina di anni fa. Continuano ad esserci occasioni? "Ricordo con immenso affetto le esibizioni con i ’No Name for a Night’, anche nel contest del vostro quotidiano. Purtroppo, adesso, ho minori occasioni e meno tempo per fare digressioni. Mi fa comunque piacere citare due esperienze: la partecipazione con i ragazzi al concerto di RY X alla Konzerthaus di Vienna, in cui ci siamo cimentati con la musica indie folk e dubstep, pur rimanendo il quartetto Kandinsky; e la mia partecipazione al festival dedicato a Frank Zappa di Bad Doberan, lo Zappanale 2022, invitato dalla spettacolare contrabbassista Valentina Ciardelli. La stessa Valentina sta ora componendo un quartetto d’archi dedicato a noi".
Tanti premi nel curriculum del Kandinsky. A quale è più legato e a quale ambisce? "Probabilmente il premio al 30° anniversario dell’Accademia del Festival di Verbier, nel Vallese svizzero, creato nel 2023 appositamente per noi. Il premio a cui ambisco di più, è di poter continuare a fare quello che amo, portando la mia musica davanti a quante più persone possibili".