
L’antropolo David Bellatalla oggi insieme alla biologa Lucia Ciarpallini, nella sede della Fondazione
Un mito – e non solo – che passa attraverso i millenni e viene messo al centro di un libro scritto a quattro mani dal ricercatore spezzino David Bellatalla insieme alla biologa Lucia Ciarpallini, al centro dell’evento in programma oggi alle 18 in Fondazione Carispezia, in via Chiodo 36. L’antropologo e scrittore presenterà ’Nella mente del labirinto’ (Saturnia editore), viaggio che indaga sui misteri e le interpretazioni del significato di quest’ultimo, fra aspetti storici, archeologici e letterari.
Come nasce questo nuovo capitolo della sua produzione?
"Nelle ricerche scientifiche c’è ’serenpidità’: cerchi una cosa e ne viene fuori un’altra che ti porta su una strada che non avevi pensato di percorrere. Con la professoressa lavoravamo sulla figura taurina nei miti della Mongolia e sono usciti riferimenti che hanno portato fino all’area mediterranea. È venuto, quindi, fuori il discorso sul Minotauro e su Teseo: figure più recenti rispetto al mito del labirinto; quello cretese divenne universale, disegnato in luoghi geografici lontani, seppur nessuno lo abbia mai visto. Così la ricerca è andata avanti ed è diventata racconto fra misteri e suspense".
Vi siete concentrati, quindi, sull’aspetto archeologico?
"Sì, per capire le origini del vocabolo, dell’idea e del nome, oltre che dei significati ad esso collegati, andando assai indietro nel tempo, ma non solo".
Cioè?
"Lucia ha approfondito i riferimenti nella letteratura fino al secolo scorso, da Kafka al Medioevo: descrizioni, riferimenti ai cambiamenti che avvengono nella mente delle persone o ancora che portano a un percorso iniziatico. L’ultimo capitolo è, invece, un riferimento alle scienze con prove di laboratorio ed esperimenti per rispondere a una domanda: cosa potrebbe accadere se una persona facesse esperienza in un labirinto ipogeo nel modello cretese? Nessuno lo ha mai trovato, quindi si indaga tramite archeoacustica, neuroscienze, studio dei materiali, fino a una sorta di inizializzazione della persona che fa questo tipo di esperienza".
Cosa insegna il vostro libro?
"Prima di tutto a incuriosirsi e farsi delle domande. È un archetipo estremamente interessante e chi lo legge, può intraprendere varie strade, investigare, anche pensando che quel tipo di labirinto è stato disegnato in ogni forma e in ogni luogo e, seppur difficile, ce lo troviamo in ogni parte del mondo. Suscita in ognuno mistero, sfida, attrazione. Il corredo fotografico spettacolare di Stefano Rosati mostra i labirinti in ogni parte del pianeta".
C’è anche una finalità benefica.
"Sì, il libro contribuisce a sostenere il progetto umanitario ’Ger for life’ in Mongolia, a cui ho dato vita nel 2015 e che consiste nella creazione di un villaggio di tende nomadi tradizionali per fornire un aiuto concreto alle ragazze-madri con figli disabili e senza fissa dimora che vivono nel distretto più povero della capitale della Mongolia".
Chiara Tenca