ELENA SACCHELLI
Cronaca

Il paradigma Galilei Tra dogma e scienza Quando la meraviglia diventa disincanto

La lectio del filosofo e direttore del Censis ha aperto la kermesse con un grande affresco sulle radici della modernità. La soddisfazione degli organizzatori per un successo annunciato.

Il paradigma Galilei Tra dogma e scienza Quando la meraviglia diventa disincanto

di Elena Sacchelli

La fila di gente che ben prima dell’inizio dell’incontro inaugurale attende impaziente di entrare nel tendone in piazza Matteotti, la passerella della "Sarzana bene" vestita di tutto punto con pantalone lungo, camicia, giacca e cravatta nonostante l’elevata temperatura di una giornata calda di inizio settembre, che sotto il tendone aumenta di almeno di un terzo. Lo staff in fibrillazione e i volontari con la maglietta bianca e il logo del Festival che ti accolgono con il sorriso. Le panchine e la cabina telefonica avvolte dal nastro bianco e rosso senza un’apparente motivo e le macchine parcheggiate in piazza dove non si potrebbe. I momenti di confusione generale, l’emozione palpabile, la curiosità, la voglia di sapere che si respira nell’aria da vent’anni il primo venerdì di settembre.

Poi l’applauso del pubblico che dopo un rituale ritardo invita le autorità a salire sul palco per poter finalmente assistere alla sorprendente lectio magistralis di Massimiliano Valerii. Tutto nella norma: Il Festival della Mente è finalmente iniziato. Dopo i saluti e i ringraziamenti del primo cittadino Cristina Ponzanelli, del presidente di Fondazione Carispezia Andrea Corradino, del presidente Giovanni Toti e della direttrice del Festival Benedetta Marietti, la parola passa al direttore generale del Censis. Una capacità oratoria invidiabile e una dialettica impeccabile quella di Massiliamo Valerii che ha trasportato il pubblico, con un salto nel passato lungo quattro secoli fino al 1600, spiegandoci come la meraviglia sia l’origine della modernità, quella che provò Galileo Galilei quando una notte d’autunno puntò il suo telescopio rudimentale verso il cielo.

Quella di Galileo è a storia dell’ascesa e della caduta di un uomo che a distanza di 400 anni ha ancora qualcosa da dire al mondo, la storia di "un toscano verace, amante del vino e della buona tavola, ma anche delle donne". Un uomo che nella vita ha avuto un’unica grande passione, quella per la ricerca scientifica, per cui fu processato dall’Inquisizione e condannato all’abiura. Lo strumento "il cannone occhiale" creato di Galilei consentiva di poter vedere ben due ore prima le navi prima che arrivassero. E la sera del 30 novembre 1609 Galileo lo puntò verso le stelle e vide il volto rugoso della Luna, che riprodusse su acquerelli. A Galileo va il merito di aver scoperto la via lattea, i satellite di Giove e le macchie solari e indiscutibilmente vedendole provò una meraviglia enorme. Ma ecco il conflitto tra la teoria copernicana che Galielo credeva di aver dimostrato e il testo della Bibbia che diceva il contrario: è il sole che gira intorno alla terra. Ed ecco che arrivano gli accusatori, che condussero Galileo all’Inquisizione e al disincanto. "Quando nel 1633 dovette scegliere tra la sua vita e la scienza, Galileo Galilei che aveva 70 anni, scelse la vita – ha proseguito Valerii - probabilmente tormentato da ciò che accadde qualche decennio prima a Giordano Bruno, morto per non aver ritrattato.". Galileo ritratta per evitare il martirio, ma durante la sua pena scrive il suo ultimo testo clandestinamente, Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti alla meccanica e ai moti locali, fondamentale per gli sviluppi della fisica, edito a Leida nel 1638. Ed ecco il dramma dell’uomo moderno che oscilla tra sete di progresso, che ha portato e porta anche a conflitti e scoperte pericolose e il bisogno di trascendenza. Ecco l’oscillare tra meraviglia e disincanto.