MATTEO MARCELLO
Cronaca

Infezione non vista in ospedale. L’Asl paga un maxi risarcimento

La Spezia: l’azienda sanitaria condannata a rifondere il marito e gli altri parenti con un milione. Per il tribunale ci furono "omissioni e ritardi diagnostici" che risultarono fatali a una donna.

Per due volte fu ricoverata in ospedale senza che i medici individuassero l’esatta causa del suo malessere, tanto da essere colpita anche da infarto due giorni dopo la dimissione dal nosocomio. Una serie di "omissioni e ritardi diagnostici" che avrebbero causato la morte della donna e per i quali Asl5, l’azienda sanitaria della Spezia, è stata condannata dal Tribunale spezzino a un maxi risarcimento da oltre un milione di euro a favore dei familiari. La sentenza è arrivata nei giorni scorsi, al termine di un travagliato contenzioso giudiziario; i fatti risalgono all’autunno del 2013, quando la donna – affetta da una miocardite, per la quale era già stata sottoposta a cure e in particolare a un impianto di protesi valvolare – fu ricoverata una prima volta all’ospedale San Bartolomeo di Sarzana in stato confusionale e con febbre alta.

In quell’occasione i medici non avrebbero riscontrato da subito un’infezione. "La diagnosi di endocardite infettiva è stata fatta dopo 8 giorni dal ricovero, denotando elementi di negligenza e imperizia nell’operato dei sanitari. Questo ritardo diagnostico e i relativi provvedimenti terapeutici ritardati risulteranno di cruciale importanza nel determinare le successive manifestazioni cliniche che si concluderanno poi con la morte della paziente, un anno dopo" si legge nella relazione del perito incaricato dal giudice. Omissioni, quelle del personale ospedaliero, che si sarebbero ripetute in una seconda occasione, nel febbraio 2014, con la donna ricoverata in ospedale, dimessa e poi vittima di un arresto cardiaco due giorni dopo. "La dimissione dopo solo due giorni appare quantomeno frettolosa. Vi erano le condizioni cliniche e strumentali che giustificavano l’impianto di un defibrillatore intracavitario: se ciò fosse successo si sarebbe potuto evitare l’arresto cardiaco cui è andata incontro la paziente due giorni dopo la dimissione" scrive ancora il consulente. La donna morì qualche mese dopo, nella primavera del 2014, con i parenti che non esitarono a rivolgersi al Tribunale. Il giudice Adriana Gherardi, a seguito della consulenza tecnica d’ufficio che ha certificato la "connessione causale tra le omissioni diagnostico terapeutiche e il decesso della signora", ha condannato Asl5 a risarcire i famigliari con oltre un milione di euro: per il compagno 484.825 euro quale esercente la potestà genitoriale sulla figlia, e altri 340.257 di risarcimento diretto; 242.482 euro per la madre, poco più di 95mila per la sorella, con l’Asl5 condannata al pagamento dell’accertamento tecnico preventivo e di 50mila euro di spese legali.

Matteo Marcello