La Spezia, 22 gennaio 2017 - «Di colpo il mio lavoro era cambiato. Non era più solo quello di informare i medici sulla proprietà dei farmaci, sulla loro somministrazione e sulle eventuali controindicazioni, ma anche di raccogliere gli ordini. E appena le vendite calavano, scattavano le pressioni. Ho convissuto per mesi con una situazione difficile, mi sono anche ammalato. Oggi finalmente un giudice ha fatto giustizia, e spero che questa sentenza possa essere di aiuto anche a quei professionisti che sono nelle mie stesse condizioni».
Tiziano Manzalini, informatore medico scientifico di 64 anni – ventinove dei quali passati a informare i medici di famiglia e ospedalieri di tutta la provincia e di quelle limitrofe – ricorda ancora malvolentieri quell’ultimo anno di lavoro alle dipendenze di una nota casa farmaceutica. Che, condannata per mobbing, ora dovrà risarcirlo con circa centomila euro, per effetto della sentenza senza precedenti emessa dal giudice del lavoro Giampiero Panico, destinata a diventare la pietra miliare di una professione, quella di informatore scientifico, troppo spesso scambiata per ‘imbonitore’ di medicinali.
Il giudice, che ha riconosciuto l’illiceità del comportamento della casa farmaceutica e l’incidenza di tale azione sulla persona e sull’immagine dell’informatore medico scientifico, è andato oltre la condanna, mettendo nero su bianco ciò che i contratti collettivi nazionali di lavoro esplicitano senza però essere rispettati: ovvero, riconoscendo il diritto dell’informatore medico scientifico ad espletare la prestazione lavorativa in base al proprio inquadramento ed al proprio profilo professionale, e non in base all’andamento del mercato e alle vendite di questo o quel farmaco. Tutto era iniziato nell’estate del 2012, con l’arrivo di un nuovo capo area che cominciò a vessare Manzalini sul posto di lavoro: un vero e proprio affiancamento, persino durante i colloqui con i medici sul territorio.
E poi, continue pressioni sui dati di vendita dei farmaci, con tanto di richiesta di raccogliere gli ordini. Una situazione che aveva ingenerato nell’informatore medico un vero e proprio tracollo fisico, culminato nel colloquio finale con i vertici della società, dove fu messo di fronte al bivio: corsi di richiamo o buonuscita. «Per un po’ ho resistito, poi mi sono ammalato. Avevo smesso di fare il mio lavoro, ero costretto a farne un altro. E se i dati di vendita calavano, le pressioni aumentavano. Meno male che questa sentenza ha fatto giustizia» spiega l’informatore. L’uomo, che negli ultimi due anni ha lavorato sempre nel settore dell’informazione farmaceutica, ora è in attesa della pensione. «Sono orgoglioso del fatto che questa sentenza abbia finalmente riconosciuto il nostro lavoro – spiega Manzalini – l’informatore scientifico deve essere slegato dalle logiche di mercato, e deve essere valutato solo per la sua preparazione professionale. Ringrazio i colleghi che mi hanno offerto aiuto e solidarietà, e chi mi è stato vicino in questi quattro anni: spero che questo pronunciamento possa aiutare questo lavoro e chi lo pratica».
Matteo Marcello