Irene Grandi sempre più blues: "Un percorso fuori dagli schemi"

La cantante porta in scena stasera al Festival Internazionale del Jazz di La Spezia il suo nuovo progetto

Irene Grandi sempre più blues: "Un percorso fuori dagli schemi"

La cantante porta in scena stasera al Festival Internazionale del Jazz di La Spezia il suo nuovo progetto

di Marco Magi

Irene Grandi, col suo concerto Io in Blues, sarà protagonista stasera, alle 21,30 in piazza Europa, al Festival internazionale del Jazz della Spezia, per proporre brani che spaziano dagli anni Sessanta fino ai Novanta, senza dimenticare i suoi grandi successi in un arrangiamento rock-blues.

Nel 2022 a Lerici, nel 2023 a Brugnato, adesso alla Spezia. È diventata un’abitudine?

"Si vede che nello Spezzino ho molti fan – sorride Irene Grandi – . Si tratta di una riscoperta, per un’artista di una certa età. È il nostro lavoro proporre novità per piacere ad un pubblico variopinto. In questo caso festeggio il mio trentennale musicale, con un nuovo singolo, un nuovo album e il live Io in blues. È un concerto di formazione, così come certi romanzi, perché racconta di come una cantante si forgi, da dove prenda ispirazione, colori la sua voce e inventi il proprio gusto".

Il successo col pop, il suo essere molto rock, il presente con il blues. L’anima prevalente?

"Nasco blues, però ho una vita nel pop rock, con un pizzico di grinta. Non sono la classica pop anni Novanta, vado fuori dagli schemi. Cerco di inventare qualcosa che regga nel tempo e innovativo nel momento in cui lo faccio".

Quando non prova o è in tour, cosa fa?

"Sono continuamente in movimento a livello creativo. Soprattutto quando mi fermo a pensare a qualcosa di nuovo per colorare la storia, fra cover e progetti speciali paralleli. Nel 2012 fu Stefano Bollani a farmi uscire dal percorso di artista pop e mi aprì una visione sulle divagazioni. In ogni occasione scopro sfumature di me e di come ci si possa divertire".

I brani di oggi hanno perso di vista il senso melodico tipico della canzone italiana?

"Sì, prima c’era un grosso lavoro di cesello, una ricerca su melodia e armonia. I produttori si affiancavano all’artista e cercavano di criticare costruttivamente. Oggi le figure si sovrappongono e l’artista produce se stesso. Innovazione ok, può essere, ma manca la longevità".

Una carriera all’insegna della libertà d’espressione. E nella vita come si sente libera?

"Più difficilmente che nella musica. Serve coraggio. Così come sono passata dalla città alla campagna per avere la natura a portata di mano e poi in un borgo, di recente, per potermi riavvicinare, ma non troppo, alla compagnia umana".

Non un’artista da tanti ascolti su Spotify. Il successo dei live è più appagante?

"Sul palco sono nata artisticamente, non sono mai stata quella che stava nella sua cameretta a scrivere i pezzi. Sono una performer di natura, poi con l’esperienza mi si è pure sciolta la lingua".