
di Franco Antola
Numeri (e situazioni) che fanno rabbrividire. Scenari di malessere e disagio interiore inimmaginabili al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori e di quanti certe esperienze le hanno vissute sulla loro pelle. Parliamo di quello che il Covid ha significato, al di là degli aspetti strettamente epidemiologici, per centinaia di ragazzi che non sono riusciti a superare indenni il trauma dell’isolamento e dell’interruzione del rapporto diretto con la scuola, sostituito dalla dad. Un blackout durato due anni, di cui molti ragazzi recano ancora cicatrici dolorose. E non solo in senso figurato, se è vero che con i vincoli imposti dalla pandemia, come racconta il primario di Neuropsichiatria infantile di Asl 5 Franco Giovannoni (nella foto), si sono moltiplicati i casi di autolesionismo. Intesi non come tentativi di suicidio, ma nella forma di ferite sulle braccia e sulle gambe, auto-inflitte con coltelli e lamette.
Le motivazioni oscure ma neppure tanto, come spiega lo psichiatra. "Si tratta - dice Giovannoni – di un tentativo di dare forma a una sofferenza interiore trasformandola in dolore fisico, così da rimuoverla dalla mente come il sangue che esce dal corpo". I numeri, si diceva. Secondo un’indagine della Società italiana di pediatria, a fine 2021 si è registrato, in un target di regioni comprendente anche la Liguria, un incremento del 115% di casi di depressione e del 78,4 dei disturbi del comportamento alimentare, con un aumento dei ricoveri del 50% rispetto al periodo pre-pandemico. "A Spezia – fa sapere Giovannoni – i disturbi del comportamento alimentare sono più che triplicati, prima della pandemia ne avevamo 20, nel 2021 siamo arrivati a 67. Mi riferisco a casi di anoressia e bulimia, riscontrati anche fra i bimbi. Una situazione che non può che allarmare". Altrettanto diffuse le fobie sociali, intese come paura di tornare a confrontarsi con la dimensione sociale della vita. "Nei primi due anni è stata tragica - ammette il primario - soprattutto per i ragazzi meno integrati e quindi più soli. Anche quelli, diciamo così, più scalmanati, che all’inizio sbottavano ‘se mi rifanno fare la dad non vado più a scuola’ e quelli che dicevano ‘così impazzisco’, alla fine si sono adattati a stare a casa. A forza di restare in famiglia la spinta e l’ansia di crescere sono venute meno. E qui abbiamo visto svilupparsi due dinamiche, una ha portato alla reinfantilizzazione, col ritorno sotto l’ala dei genitori. L’altra ha reagito dichiarando guerra al mondo: ‘non vado a scuola? Allora sto fuori tutta la notte, al diavolo tutti’". Due percorsi diversi, uno esteriorizzato, l’altro più interiorizzato. Comunque sia, una significativa quota di adolescenti racconta di essere stata colta da ansia con la ripresa delle lezioni in presenza, e non a caso abbiamo assistito ad un preoccupante aumento dell’abbandono scolastico".
La risposta del servizio pubblico all’emergenza?
"Grazie al supporto della direzione aziendale da inizio anno scolastico, a settembre, abbiamo potuto fornire più psicologhe per affrontare i disturbi del comportamento alimentare e contrastare forme diffuse di fobie sociali. Molti ragazzini si sono chiusi in casa ed è difficile riportarli alla normalità scolastica. In funzione di questo obiettivo abbiamo costituito appositi gruppi per favorire il passaggio dalle lezioni da remoto a quelle in presenza".
In questa fase c’è stato un incremento del ricorso a psicofarmaci e droghe?
"Purtroppo sì. Con il lockdown, certo, è stato più difficile procurarsi le sostanze, poi però l’uso di droghe e alcol ha fatto un balzo in avanti".
Adolescenti a parte, ci sono state altre emergenze?
"Durante la fase acuta della pandemia hanno sofferto molto le gestanti, che si sono ritrovate sole in ospedale. Una di loro mi ha detto che per lei è stato come non aver affrontato la gravidanza. In questo però mi sento di spezzare una lancia in favore della direzione aziendale che ha dato una risposta importante con i gruppi di aiuto, supportando a domicilio le mamme anche dopo il parto per l’allattamento e altri servizi. Solo a settembre abbiamo seguito cento donne nella maternità".
Quali sono i canali di accesso all’assistenza psichiatrica infantile?
"La norma è il passaggio dal Cup, ma durante il lockdown abbiamo aperto le porte del pronto soccorso per le urgenze; spesso per evitare situazioni di rischio per gli assistiti e il personale sanitario le abbiamo dirottate direttamente in reparto. Diciamo che attualmente metà degli assistiti passano dal Cup mentre gli altri arrivano direttamente alla porta del reparto. I ricoveri in pediatria e psichiatria sono sensibilmente aumentati, per questo abbiamo attrezzato fuori dal reparto due stanze per adolescenti".