L’eccidio a Bosco di Corniglio. E i due ingegneri coraggiosi

È la strage in cui morì il conte arcolano Picedi Benettini, partigiano monarchico. Salvo per miracolo il sarzanese Franchini: una donna si sacrificò per lui.

L’eccidio a Bosco di Corniglio. E i due ingegneri coraggiosi

La lapide ai Caduti. di Bosco di Corniglio

Il conte Giuseppe Picedi Benettini, erede di un nobile casato arcolano-sarzanese, studente universitario di Ingegneria, salì ai monti nel marzo 1944. Partigiano della IIa Brigata Julia, “autonoma”, partecipò a numerose azioni nella Val di Taro prima di essere chiamato a far parte del Comando unico parmense come comandante di brigata, ufficiale di collegamento. Il suo nome di battaglia era “Penola“. E’ difficile connotarlo politicamente: forse il termine “monarchico democratico” è quello che più gli si attaglia, se non altro per l’educazione ricevuta. A Bosco di Corniglio, dai primi di ottobre 1944 sede del Comando, trovò il comandante Giacomo di Crollalanza “Pablo“, giovane ufficiale siciliano, studente anch’egli di Ingegneria, il commissario politico Primo Savani “Mauri”, comunista, ma anche il sarzanese Franco Franchini, appena laureato in Filosofia e vicino alla Dc. Collaboratore di Achille Pellizzari “Poe”, vice commissario, era ispettore di collegamento, con nome di battaglia “Franco”.

Il 17 ottobre 1944, a causa di una spia, i tedeschi sorpresero il Comando. “Pablo” e “Penola” protessero la fuga dei compagni nel bosco sparando all’impazzata. Ritardarono l’attacco nemico, a prezzo della vita. Con loro morì, arso vivo dai nazisti, il comandante della Piazza di Parma Gino Menconi, comunista di Avenza. “Franco” si salvò per miracolo, indossando una camicia nera: riuscì così a confondersi con gli ostaggi civili. Fu fatto prigioniero ma riuscì a fuggire per merito della partigiana Argia Tedeschi “Bruna”, anch’essa arrestata, che rinunciò alla fuga per rendere possibile quella di “Franco”. In quei giorni di dolore, quando tutto sembrava finito, i partigiani non si arresero, riannodarono il filo e il 25 aprile 1945, il giorno più luminoso del Novecento, condussero i partigiani a sfilare nella città di Parma tra il popolo festante. Il 17 ottobre ho ricordato Gino Menconi nella sua Avenza. Il 20 ottobre ero a Bosco di Corniglio, a rappresentare la Resistenza spezzina. Tanti furono gli spezzini nella Resistenza parmense. Ma tanti furono anche i partigiani parmensi e di altre zone nella Resistenza spezzina. Le storie della Resistenza sono belle e tutte diverse tra loro, ma anche simili: sono le storie di chi risollevò la Patria dal fango in cui era stata trascinata dal fascismo e le ridiede dignità. Raccontarle significa ricordarle, ed essere sempre riconoscenti.

Giorgio Pagano

Co-presidente del Comitato Unitario della Resistenza