
Storie di vita tra le onde tramandate grazie alla società di mutuo soccorso fondata nell’Ottocento. Nella struttura parrocchiale un’interessante esempio della profonda religiosità popolare e marittima.
Poggi
Tutti loro hanno alle spalle almeno vent’anni di navigazione e negli occhi i mille orizzonti delle terre straniere che hanno toccato. Oggi si chiamano soci ma ognuno (di loro agli occhi del) per l’altro avrà sempre e solo un titolo e un ruolo, quello di comandante. Sul ponte di comando di petroliere, bastimenti portacontainer, navi passeggeri con equipaggi di più di mille uomini, di nazionalità diverse e un’ unica responsabilità: la loro. I comandanti Federico Di Carlo, Pietro Colotto, Giovanni Ferrari e Giorgio Pagano assieme al nostromo Elmo Medusei sono i soci dell’ Associazione di Mutuo Soccorso di Lerici che abbiamo incontrato nella loro sede di piazza Garibaldi e della quale è presidente Bernardo Ratti: "Si tratta della più antica Società delle provincia spezzina - spiega - una delle più antiche della Liguria e, probabilmente, anche l’unica Società risorgimentale di patrioti e naviganti, essendo stata fondata nel 1852 da naviganti e democratici, a livello nazionale ancora operativa. Nata non solo per dare supporto ai marittimi, principale categoria del paese, ma anche con intenti patriottici. "Primi tra i migliori erano gli uomini di Lerici" così scriveva Giuseppe Mazzini e ancora ricorda l’epigrafe su via Mazzini e uomini "Provenienti da Lerici, paese rivoluzionario per eccellenza" la definizione del procuratore generale di Salerno Giuseppe Pacifico, nel chiedere la candanna, nel luglio del 1858 dei cinque lericini sopravvissuti alla spedizione di Sapri di Carlo Pisacane. E ancora "La popolazione di Lerici è la più forte ed energica d’Italia" queste le parole di Giuseppe Garibaldi che contribuirono alla fama di questa gente di mare che partecipò a numerose imprese risorgimentali nell’aspirazione di un’ Italia libera e repubblicana.
"La nostra società che conta circa 200 soci quest’anno compie 173 anni e oggi si occupa di sociale, di cultura, di supporto ai giovani e porta avanti molte iniziative culturali come il progetto attraverso il quale facciamo riscoprire il dialetto lericino nelle scuole e quella di "Lerici legge il mare" che quest’anno arriva alla sua 11esima edizione. Ma se si chiede a questi uomini che il mare lo hanno dentro quanto lo stesso gli abbia dato e cosa gli abbia tolto rispondono senza esitazione e a un’unica voce che "Tanto gli ha dato e tanto gli ha tolto". E per toccare con mano questa loro risposta basta recarsi nell’oratorio di San Bernardino ed ammirare i 17 ex voto marittimi che ancora li sono custoditi. Dai quadri votivi appesi alle pareti sembra ancora di percepire il fragore delle onde di mari in tempesta e il dramma di navi in balia dei flutti. In un angolo di ogni quadro è però presente una piccola immagine luminosa con la figura della Vergine Annunziata o quella di Sant’ Erasmo o Sant’ Elmo, patrono dei naviganti lericini. Dipinti spesso dai nostromi o da artisti specializzati, venivano portati in processione e donati alla chiesa non appena la nave attraccava in porto. La loro importanza stava anche nel fatto che riportavano per iscritto l’ esatto punto geografico del drammatico evento, come per il "Principessa Mafalda" registrata a poche miglia dalla costa del Brasile: " Si tratta in questo caso – spiega Alberto Imparato, socio, esperto di transatlantici e pittore - di un piroscafo che si trovava sulla linea del Sud America e a fine degli anni ‘20 durante il viaggio ha subito lo sfilamento dell’asse dell’elica, cominciando quindi a imbarcare acqua. Sono morti quasi tutti, pochissimi i sopravvissuti. Per avere una proporzione della catastrofe – precisa - è stato il "nostro Titanic" e la cosa che non tutti sanno è che la storia della tragedia del Mafalda, non essendo motivo di vanto per il regime fascista, venne oscurata".