
Quasi 20 anni di battaglia legale in tribunale per... lo sciacquone del water. Storia di una bega fra vicini di casa finita sui tavoli del giudici della Cassazione che, chiamati a decidere sulla querelle, hanno sottolineato come il rumore causato dal bagno abbia violato il ’diritto al rispetto della propria vita privata e familiare’, uno dei diritti ‘protetti dalla Convenzione Europea dei diritti umani. Tutto nasce nel 2003 quando 4 fratelli proprietari di un appartamento nel Golfo, decidono di fare una modifica: al posto della lavanderia con lavatrice, installano un bagnetto di servizio con la cassetta del wc nel muro. E qui nasce il problema perchè il nuovo servizio igienico è esattamente all’altezza del letto dei vicini di casa (marito e moglie), che hanno la camera dall’altra parte del muro. Ci vuole poco alla coppia per capire come la costruzione dei quel bagno cambierà la loro esistenza, in particolare quanto rumore provochi lo scarico dell’acqua posizionato proprio dietro la loro testa. Passi di giorno, ma la notte diventa intollerabile, come scrivono a chiare lettere nella denuncia fatta al tribunale di Spezia, cui chiedono che quel bagno venga tolto di mezzo, oltre a un risarcimento per il danno subito. Richiesta respinta dal giudice spezzino, ma la coppia non si dà per vinta e ricorre in Appello a Genova, dove le cose cambiano: i giudici fanno svolgere perizia che accerta come lo scarico è così rumoroso da disturbare il riposo dei vicini "pregiudicandone la qualità della vita", in quanto proprio a ridosso della parete dove la coppia ha la testata del letto. Impossibile anche cambiare la disposizione delle stanze. La causa in Appello si chiude con l’ordine ai proprietari di rivedere la collocazione del wc e risarcire con 500 euro all’anno i vicini di casa, a decorrere dal 2003 data della comparsa del nuovo bagno. In soldoni quasi 10mila euro.
A chiudere il cerchio sulla vicenda la decisione della Suprema Corte sul ricorso presentato dai 4 fratelli per nulla intenzionati a modificare il bagno e mettere mano al portafogli. In Cassazione viene accertato il "significativo superamento di tre decibel rispetto agli standard previsti dalla normativa specifica". E la Suprema Corte, riferendosi alla Convenzione europea dei diritti umani, in particolare al rispetto della vita privata e familiare, ha ricordato che "la Corte di Strasburgo ha fatto più volte applicazione di tale principio" e confermato la condanna riconoscendo il "pregiudizio al diritto al riposo"
Claudio Masseglia