La Spezia, 5 dicembre 2017 - AL DI LA’ delle accuse diverse da cui dovranno rispondere in giudizio davanti alla Corte di assise, le coimputate sono accomunate nella strategia processuale di minare la credibilità di due testi-chiave del processo; l’obiettivo di Marzia Corini e Giuliana Feliciani è quello di gettare ombra sui cardini attorno ai quali ha preso impulso ed è andata dipanandosi l’inchiesta della procura, Isabò Barrak, la fidanzata di Corini parte offesa (che ha rinunciato a costituirsi parte civile) e sull’imprenditore portuale Giuseppe Rampini che, con la sua iniziale denuncia sul sospetto dell’intrigo testamentario, aveva dato il la all’indagine. La loro posizione è diventata, circa un e mezzo fa, nelle more dell’avvio dell’udienza preliminare, quella di indagati; ciò per effetto delle denunce delle imputate. Marzia Corini e Giuliana Feliciani hanno denunciato Isabò per l’uso del testamento falso (quello sulla base del quale ha trattato per evitare di non prendere nulla qualora la madre di Corini avesse impugnato il testamento per la violazione della legittima, per poi ottenere 550mila euro). La sola Corini l’ha anche denunciata per appropriazione indebita, quella della collezione di armi del fratello che – quando ancora la contesa ereditaria, rotti i rapporti con i congiunti del fidanzato, doveva arrivare al suo epilogo finale – Isa, sistematasi nella villa, aveva denunciato ai carabinieri, assumendosene la proprietà. Stesso titolo di reato pende per Rampini, a motivi di un quadro d’autore che ha recuperato nella villa dell’amico avvocato dopo la sua morte, sull’onda della promessa che lo stesso, in vita, gli aveva fatto di averlo in dono.
ENTRAMBI, già interrogati dal procuratore Antonio Patrono, difesi dall’avvocato Andrea Corradino, hanno respinto le accuse. Ma ancora i fascicoli sono pendenti. La procura, quale che sia la decisione finale, dovrebbe formalizzarla prima dell’inizio del processo. Su questo quale, intanto, pende la spada di Damocle della decisione della Cassazione sull’istanza della Feliciani per il processo separato. Se la Suprema corte dovesse accoglierla, sarebbero nulli gli atti (quanto meno quelli a suo carico) dell’avvio del processo davanti alla Corte di assise della Spezia. Questioni di forma che per la difesa dell’avvocato-imputato sono di sostanza. Non solo sulla querelle del processo stralcio. Ma anche sulla procedibilità per falso in testamento, reato autonomo introdotto nell’ordinamento all’inizio del 2016 in parallelo alla cancellazione del reato di falso in scrittura privata di cui il falso in testamento costituiva solo un’aggravante. Ieri gli avvocati Alibrandi e Antonini hanno sostenuto la tesi dell’improcedibilità dell’azione penale evidenziando che, all’epoca dei fatti, il reato non esisteva. Il gup Mario De Bellis, diversamente ha condiviso la prospettazioni del pm Luca Monteverde: l’azione penale era ed è obbligata alla luce del ’continuum’ della trama normativa sviluppata nel tempo dal legislatore. Materia anche questa per altri affondi in punto di diritto.
C.R.