ROBERTA DELLA MAGGESA
Cronaca

L’uomo sospeso nel vuoto. La sfida fino alla vetta: "Sulle rocce sei grande soltanto se hai paura"

Con Emanuele Stefanelli in un’arrampicata mozzafiato alle Cinque Terre "Avvolto in una bolla di silenzio, sorretto soltanto dalle dita e dalla lucidità".

L’uomo sospeso nel vuoto. La sfida fino alla vetta: "Sulle rocce sei grande soltanto se hai paura"

L’uomo sospeso nel vuoto. La sfida fino alla vetta: "Sulle rocce sei grande soltanto se hai paura"

PORTO VENERE (La Spezia)

Puoi arrivarci da sopra, spingendo il piede fin dove l’istinto di sopravvivenza ti dice “Adesso basta“. E lì non ti resta altro da fare che accucciarti, gli occhi a un orizzonte di mare senza tentennamenti, perché l’uomo, quando è schiacciato tra l’orrido e il sublime, fa così, cerca la terra, con ogni sua cellula. Oppure la puoi prendere da sotto, la falesia calcarea del Muzzerone, dove il sentiero si incunea tra roccia e vuoto, dove spirano venti odorosi di pino e dal basso arrivano le sferzate rumorose delle sartie. Una parete da addomesticare palmo a palmo, chiodo dopo chiodo. Con l’umiltà tanto cara all’alpinista Walter Bonatti, le cui spoglie riposano non a caso a poche centinaia di metri da qua, nel minuscolo cimitero abbarbicato sopra la grotta Byron, gli occhi eternamente rivolti al punto esatto in cui il mondo verticale cede a quello orizzontale.

In questo piano cartesiano impresso nel cielo, Emanuele Stefanelli ha messo piede per la prima volta a 17 anni. Ed è stato per sempre. Tanto che, quando si è trattato di diventare grandi e di mettersi a lavorare, questo ligure-apuano tutto nervi e sorrisi ha scelto di fare il tecchiaiolo nelle vicine cave di Massa e Carrara. Il suo mestiere, antico quanto la scoperta del marmo più bianco del mondo, è quello di un uomo che resta sospeso nel vuoto per interminabili ore, mentre dabbasso ci si industria a tagliare, scavare, piazzare cariche.

"Sono fatto così – racconta mentre scendiamo ad ampie falcate lungo il sentiero che porta all’attaccatura della via “Chi vuol esser lieto sia“ –. Per me restare appeso alla roccia è una condizione naturale". “E’ che so staccarmi da terra e alzarmi in volo come voialtri stare su un piede solo“, avrebbe cantato Fossati. "Mi sono avvicinato prima all’arrampicata e poi all’alpinismo – racconta -. Merito dello zio di un mio amico di scuola: ci ha fatto provare e io mi sono innamorato subito. Mi piacevano il gesto, la vetta, la bolla di silenzio che ti avvolge mentre te ne stai lì, a decine di metri da terra, sorretto dalla forza delle dita e della lucidità". Arrampicare è una scelta di vita, mica uno sport. "All’inizio – il cinquantacinquenne Emanuele adesso sorride – non facevo praticamente altro. Staccavo dal lavoro e correvo ad allenarmi, tutti i giorni. Dieta ferrea. Sonni crepuscolari. Poche distrazioni". Indossa il caschetto, lo allaccia sotto il mento, stretto ma non troppo. Oggi, gran parte del tempo libero Stefanelli la passa le ragazze e i ragazzi che frequentano i corsi di arrampicata, alpinismo su roccia, scialpinimo e cascate di ghiaccio organizzati dalle celeberrima “Scuola Muzzerone“.

La prima scuola di arrampicata libera fondata su suolo italico è questa, e nasce attorno al mito della falesia che sfida il Tirreno, chiodata ai tempi della Regia Marina per consentire agli incursori di temprare braccia e spirito. Stefanelli – che nella vita ha girato tutte le “Otto montagne“ di Paolo Cognetti, dall’Himalaya allo Yosemite, dalla Scozia al Canada, dalle Dolomiti al Supramonte – è qua che ritrova il suo nido. Lui, che in quarant’anni di discese e risalite ha conquistato uno dietro l’altro titoli Cai regionali e nazionali. Il capostazione del Soccorso alpino di Carrara e della Lunigiana, indiscusso leader di un gruppo di alpinisti votati al recupero, in condizioni estreme, di escursionisti e rocciatori alle prese con l’asprezza delle Apuane, è qua, ai piedi del Muzzerone, che ogni giorno ritrova il senso intatto della paura. Il più umano dei volti umani.

"Per arrampicare bisogna avere paura. Paura del vuoto. Paura del silenzio. Paura della solitudine. E’ indispensabile. Con gli anni impari a dominarla, ad agire con coscienza, a governare muscoli, respiro e pensieri. Ma senza la paura non si va da nessuna parte". E’ questa la prima e la più importante delle lezioni che gli istruttori della Scuola Muzzerone, punto di riferimento delle sezioni Cai di tutto il Levante ligure, impartiscono agli allievi. "Una volta erano in prevalenza ragazzi. Oggi, su una quota di quindici partecipanti, le ragazze sono circa la metà. E per esperienza dico che sono le più attente: più intuitive nell’apprendimento e generalmente più brave nella tecnica, anche se svantaggiate, rispetto ai coetanei, nella forza". Tanti, troppi quelli che si avventurano senza avere gli strumenti di conoscenza necessari ad affrontare eventuali imprevisti. "Purtroppo gli incidenti sono in aumento – spiega Stefanelli – ed è inevitabile: ci sono ragazzi che cominciano ad arrampicare dopo aver guardato dei tutorial online o dopo aver frequentato una palestra indoor. Non funziona, la percezione del pericolo non potrà mai essere la stessa. Ed è da lì che bisogna partire. Dalla paura. Serve la paura, per crescere".

(2 - Continua)