La Spezia, 8 maggio 2022 - "Sono stata assolta; grazie per aver creduto in me e per avermi difeso". E giù a piangere a dirotto. Così Marzia Corini al telefono, pochi minuti dopo la lettura della sentenza di assoluzione, a Paolo Malacarne, ex primario del Reparto di Rianimazione dell’ospedale di Cisanello di Pisa che per 20 anni aveva lavorato a stretto contatto col medico anestesista finito sotto processo per la morte del fratello avvocato Marco, avvocato e malato terminale. "Sono felice: è stata sanata un’ingiustizia. Ho sempre creduto che Marzia fosse innocente" dice rivelando di aver condiviso un lungo pianto liberatorio.
Il professore – in pensione da dicembre, ora operoso nel volontariato – non aveva esitato a metterci subito la faccia, a ridosso dell’arresto per omicidio volontario, nel febbraio del 2016: "Metterei la mano sul fuoco per Marzia Corini: non ha ucciso il fratello ma si è preoccupata che non soffrisse di fronte ad una morte imminente" disse. Al processo alla Spezia aveva rilanciato, dopo aver visto quello che, poco prima, non aveva potuto leggere e commentare in aula dove era stato interrogato nelle vesti di teste della difesa: "Ora ce ne metterei due di mani".
A rafforzare le convinzioni erano state le analisi sull’ossigenazione del sangue effettuate nella mattinata del 25 settembre 2015 a domicilio da un infermiere, poi sottoposto a sedazione palliativa e spirato in serata. "Il dosaggio del sedativo indicatomi da Marzia come quello usato non sarebbe stato letale" disse. Ma la fidanzata di Corini, Isabò Barrak, aveva sostenuto in aula di aver visto, al capezzale di Marco, manovre di Marzia interpretate come somministrazione di un’overdose. E’ stata creduta alla Spezia ma non a Genova.