REDAZIONE LA SPEZIA

Matrimoni civili nel sito religioso. Il Comune diffidato dalla Diocesi

Intrigo sull’area archeologica di Carpena: l’ente ammonito e costretto a cancellare tutte le celebrazioni

Il sito archeologico di Carpena, di proprietà dell’Istituto per il sostentamento del clero, è stato acquisito in comodato nel 2011 dal Comune (foto d’archivio)

Il sito archeologico di Carpena, di proprietà dell’Istituto per il sostentamento del clero, è stato acquisito in comodato nel 2011 dal Comune (foto d’archivio)

Riccò del Golfo (La Spezia), 21 dicembre 2024 – Il Comune celebra matrimoni e unioni civili in un’area religiosa, e la Diocesi prende carta e penna per diffidare l’ente, obbligando il sindaco a interrompere iniziative “in aperto contrasto con la sacralità del luogo”. Sembra il canovaccio riadattato in chiave contemporanea dell’ennesima disputa tra Peppone e Don Camillo. Invece, non siamo a Brescello ma a Riccò del Golfo, dove l’amministrazione guidata dal primo cittadino Loris Figoli nelle scorse settimane è stata raggiunta da una lettera di un avvocato che, per conto dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero della Diocesi della Spezia, invitava l’ente a non utilizzare più il sito archeologico del castello di Carpena come location per la celebrazione dei matrimoni civili. Un’area di proprietà della Diocesi guidata dal vescovo Luigi Ernesto Palletti, acquisita in comodato d’uso dal 2011 e riqualificata grazie a cospicui finanziamenti dal Comune, e che dal 2016 ospita la celebrazione di matrimoni e unioni civili.

A far scattare la diffida della Diocesi spezzina, sarebbe stato proprio un articolo de La Nazione, pubblicato lo scorso 7 novembre, in cui si dava conto delle ulteriori aree comunali messe a disposizione dal municipio della bassa Val di Vara per l’espletamento dei riti civili. Apriti cielo. Nella lettera, l’avvocato sottolinea che “l’esecuzione di tali attività, oltre a rivelarsi in aperto contrasto con la sacralità del luogo, risulta mai approvata dall’Istituto diocesano, e come tale eseguita in violazione del disposto contenuto nell’articolo 13 del negozio giuridico il quale prevede quale conseguenza del suo mancato rispetto la risoluzione del contratto”. Da qui l’invito a “cessare immediatamente l’esecuzione delle attività”, cancellando il sito di Carpena da quelli in cui è possibile sposarsi con rito civile. Il Comune, proprio pochi giorni fa, non ha potuto fare altro che dare seguito alla richiesta della Diocesi.

“L’ente aveva inteso valorizzare il contesto civico e storico della torre di Carpena fregiandolo della qualifica di ’Casa Comunale’, al fine di svolgervi attività che ne esaltassero l’alto peso culturale, civile, morale; avendo le comunità di Carpena e Riccò del Golfo ripristinato con fondi propri anche il grande crocifisso ligneo distrutto nel passato, il luogo si prestava e si presta ad una simbolica e civica coerenza culturale tra le molteplici identità religiose e civili che compongono un territorio sempre più multiculturale e policonfessionale – si legge nella delibera della giunta comunale –. Lo svolgimento di matrimoni civili, lungi dall’essere occasione di lucro da parte dell’ente, che a tariffario indica esclusivamente somme che si configurano quali rimborsi per l’impiego di mezzi e personale comunale, rappresentava una modalità di valorizzazione e accrescimento dell’interesse sociale per quel luogo storico, decisamente lontano dalle mete turistiche e culturali tradizionali e anche dalla memoria collettiva delle nuove generazioni”.

Una presa di posizione netta, con il Comune che ha tuttavia optato per la cancellazione del sito di Carpena dall’elenco delle aree comunali, “lungi dal voler mancare nei confronti della potestà spirituale della Chiesa, evidenziando il massimo rispetto per confini che superano il piano giuridico per assurgere al ben più alto valore della fede. Il sito resterà luogo di interesse storico, quale è, secondo scopi turistici e promozionali che escludano qualsiasi attività afferente alla sfera civiche; l’ente – si legge ancora nella delibera – nel garantirne la corretta custodia fino e non oltre il termine della convenzione, continuerà ad operare affinché non se ne spenga il giusto e doveroso interesse”.

Matteo Marcello