La Spezia, 19 novembre 2024 – Ricoverata per un malore, viene dimessa senza la prescrizione di un trattamento che forse l’avrebbe aiutata a riprendersi. Nuovamente ricoverata cinque giorni più tardi, muore in ospedale. Una vicenda dolorosa, quella avvenuta nell’inverno di quindici anni fa all’ospedale Sant’Andrea, che solo di recente ha visto un pronunciamento giudiziario, con il tribunale civile cittadino che, chiamato a decidere sul ricorso presentato dal marito e dalle figlie della donna, ha condannato Asl5 a risarcire i famigliari con 80mila euro per la cosiddetta perdita di chance di sopravvivenza ’provocata’ dai sanitari dell’ospedale cittadino.
La vicenda ruota attorno al decesso di una 78enne avvenuta nel febbraio del 2009. La donna era stata ricoverata una prima volta al Sant’Andrea il 18 gennaio con dolore al torace e insufficienza respiratoria, per poi essere dimessa dopo otto giorni, senza la prescrizione di un trattamento coagulante. Pochi giorni dopo i famigliari, preoccupati per l’aggravamento delle condizioni della donna, dopo un consulto con un pneumologo riportano la 78enne all’ospedale: poche ore dopo il ricovero, il decesso, avvenuto a causa di uno scompenso cardiaco.
I famigliari, convinti che la situazione che ha portato alla morte la donna fosse stata causata da una ’malpractice sanitaria’, non hanno esitato a bussare alle porte del tribunale civile per chiedere un risarcimento per quanto subito, affidando l’assistenza legale all’avvocato Paolo Munafò. Ne è nata una battaglia legale, nella quale sono state svolte ben due consulenze tecniche d’ufficio: entrambe hanno individuato quale condotta medica “non giustificata e pertanto non condivisibile (quindi colposa) quella di non avere prescritto alla donna, all’atto della dimissione dall’ospedale, la prosecuzione a domicilio di un anticoagulante peraltro già somministrato in dose terapeutica nel corso della degenza.
Consulenze che, tuttavia, sono arrivate a conclusioni diverse circa il nesso causale tra la condotta dei medici e il decesso della donna: la prima relazione ne ha individuato la sussistenza, la seconda ha ritenuto che la mancata prescrizione alla dimissione di un anticoagulante, stante la patologia della donna, abbia “ridotto in maniera apprezzabile le chances di sopravvivenza, senza costituire fattore causale del decesso”. Una tesi, quest’ultima, condivisa anche dalla giudice Nella Mori, che ha accolto le richieste della famiglia limitatamente al risarcimento per perdita di chance di sopravvivenza, condannando Asl5 al pagamento di 80mila euro, oltre al pagamento delle spese legali e delle consulenze tecniche.
Matteo Marcello