
Del Santo* Il 25 aprile alcuni partigiani prelevarono mio nonno al Limone, dove abitava, portandolo davanti al tribunale partigiano di Vero...
Del Santo
Il 25 aprile alcuni partigiani prelevarono mio nonno al Limone, dove abitava, portandolo davanti al tribunale partigiano di Vero Del Carpio, detto Boia. Alla fine, Vero disse a mio nonno che a carico suo non c’era nulla e che, se voleva, lo avrebbe fatto riportare a casa da una camionetta: Leonardo, da buon sardo testa dura, rispose che sarebbe rientrato a piedi. Non appena uscì sul piazzale esterno, però, un partigiano che lo conosceva gli sparò col mitra e lo uccise. Ai primi degli anni ‘60 gli attivisti del Msi chiesero un incontro con mia nonna per intitolare a mio nonno una sala della loro sede: mia nonna rifiutò dicendo che suo marito era stato ucciso dall’ottusità e dall’odio che aveva seminato il fascismo. Se penso che questa donna minuta e mite aveva la terza elementare mi viene, ancora adesso, la pelle d’oca. Per contro, mio padre – antifascista, partigiano e sempre schierato a sinistra – mi diede una lezione che non dimenticherò mai. Erano gli anni ‘70 e io, allora militante attivo del gruppo di Autonomia Operaia a Genova, vidi mio padre trattare con professionalità e gentilezza un individuo che, entrato nella sua libreria, gli chiedeva informazioni su alcuni volumi. Gli chiesi: "Ma come, quello è la bestia che ti ha arrestato e picchiato a sangue, facendoti tenere fermo da delinquenti come lui, e tu lo tratti con gentilezza? Dovevi sbatterlo fuori a calci". Fu allora che mio padre mi diede un insegnamento indelebile con la sua risposta decisa e perentoria: "Angiolino, ricordati che ’noi’ non siamo come loro e non lo saremo mai!". La lezione di mia nonna e di mio padre mi hanno insegnato molto sul coraggio, la dignità e la capacità di pensare. Non sempre sono riuscito a essere come loro ma l’input è sempre quello di provarci. Grazie nonna Amelia e grazie papà Attilio.
* Operatore culturale