Il giorno dopo il grave incidente a due operai all’interno di un’impresa di lavorazione del marmo di Ortonovo, feriti durante le operazioni di movimentazione di un blocco di marmo, si è concluso il processo per la morte di Dragan Zekic, l’operaio di 56 anni nato in Croazia ma residente a Treviso, schiacciato da una pesantissima lastra di metallo e cemento il 14 maggio 2018 al cantiere Navalmare della Pertusola. Si erano spezzate le cinghie che assicuravano la lastra al braccio della gru e un crudele destino aveva voluto che Zekic, in quel momento, si trovasse al di sotto. Era morto sul colpo. L’iter giudiziario di primo grado è terminato con due patteggiamenti e altrettante assoluzioni. Martedì pomeriggio, dopo una lunga camera di consiglio. il giudice Marta Perazzo ha assolto dall’accusa di concorso in omicidio colposo Sebastiano Pulina, 71 anni, di Venezia, consigliere delegato alla direzione dell’area tecnica e alla sicurezza sul lavoro della Ingemar srl. L’unico che aveva preferito andare al dibattimento, rinunciando ai riti alternativi.
Ha scelto invece di patteggiare un anno e cinque mesi di condanna in sede di udienza preliminare Federico Della Zanna Vettori, 47 anni, trevisano, in qualità di responsabile della Vettori, la ditta per la quale lavorava la vittima Dragan Zekic. Ha patteggiato un anno, quattro mesi e venti giorni di condanna invece Renato Visentin, 51 anni, anche lui di Treviso, preposto alla sicurezza della Vettori. Assolto invece Simone Antonini che aveva optato per il rito abbreviato, in quanto solo titolare della gru che aveva sollevato la lastra.
Nel 2018 quell’area del cantiere Navalmare del Gruppo Antonini alla Pertusola era stata presa in affitto dalla Ingemar di Treviso, incaricata della realizzazione dei moduli frangiflutti per il molo Pagliari. La Vettori, società per la quale lavorava Dragan Zekic, aveva invece l’appalto dei lavori di smantellamento dei casseri, quelli che in lingua inglese si chiamano formwork, una sorta di telai industriali dove appunto vengono realizzati i moduli frangiflutti. Ed era stato proprio uno di questi moduli, lungo una decina di metri, largo quattro e dello spessore di quaranta centimetri, a staccarsi dalla gru e a schiacciare Zekic. Raccapricciante la scena che si erano trovati di fronte i primi soccorritori, quando la lastra di metallo e cemento è stata sollevata: il corpo dell’operaio era tranciato in due. Al punto che, in un primo momento, si era perfino diffusa la falsa notizia che il morto non fosse uno soltanto. Il luogo della tragedia è stata la punta estrema del cantiere Navalmare, verso la baia di Santa Teresa. E pensare che Zekic qualche giorno dopo la tragedia doveva tornare a casa, perché il lavoro della ditta Vettori per la quale lavorava era quasi terminato.
L’operaio di origini croate in quel momento non doveva trovarsi lì. Nel corso delle indagini dei carabinieri era poi stato appurato che durante il sollevamento con una gru della grossa lastra di metallo e cemento, le cinghie che la assicuravano al braccio della gru, all’improvviso si erano tranciate facendo precipitare il pesante oggetto addosso all’operaio. La portata della gru era idonea ad alzare il blocco, le cinghie che la assicurava al braccio si sarebbero tranciata forzando sullo spigolo della lastra.
Massimo Benedetti