Uno spettacolo "raccapricciante" per chi, non addetto ai lavori, lo ha visto dal mare e da terra, in occasione della pre-palio di domenica alle Grazie. Circostanza "non allarmante" e da mettere in conto sul piano della statistica secondo l’analisi degli operatori economici che fanno dell’allevamento dei pesci un lavoro: sono 15 le persone che portano a casa lo stipendio. Qualsiasi sia l’analisi del fenomeno, sulle cause della moria di orate - in 3 gabbie delle 11 operative nell’impianto di itticoltura antistante punta Pezzino - sarà l’Asl 5 a ’certificare’. Ieri l’attivarsi dell’azienda nell’ambito del monitoraggio costante del presidio produttivo a garanzia del consumatore.
In parallelo al prelievo a fine smaltimento dei pesci rimasti a galla sono stati, infatti, effettuati i campionamenti per gli accertamenti di laboratorio.
Intanto le prime valutazioni istituzionali: "L’ipotesi più attendibile per la moria dei pesci è l’alta temperatura riscontrata nell’acqua delle vasche dell’allevamento" dice il responsabile del Dipartimento di prevenzione dell’Asl 5, il dottor Mino Orlandi, che aggiunge: " "Per escludere malattie che potrebbero trasmettersi da pesce a pesce sono stati, comunque, effettuati campioni da inviare al laboratorio di ittiopatologia dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta sito a Torino. I pesci interessati dalla moria sono stati esclusi dal consumo alimentare. Tutti gli altri prodotti, invece, possono continuare ad essere commercializzati poiché non è stata riscontrata alcuna problematica".
Non è la prima volta che l’allevamento è teatro di una moria. Clamorosa quella attorno al 2000. Da quel momento la ’fabbrica’ del pesce si è dotata di speciali apparecchiature per ossigenare l’acqua. Da quel momento nessuna moria.
Intanto il ritorno di fiamma di un interrogativo che si trascina da anni: a quando la ricollocazione dell’impianto sollecitata localmente, ed ecumenicamente, a livello politico? Per ora una certezza ancorata alla concessione demaniale: l’impianto può operare per tutto il 2023, in attesa della conclusione dello studio promosso dalla Regione Liguria - con l’Università di Genova - per l’individuazione di una nuova area idonea all’allevamento al largo del Golfo della Spezia. Lo aveva stabilito, alla fine dello scorso anno, l’Autorità di sistema portuale in pendenza delle osservazioni del Comune contrarie alla proroga della concessione, attiva da 35 anni. Quello spicchio di mare – stando alle volontà della politica locale sul punto convergente – avrebbe dovuto essere liberato da tempo dall’impianto. Questione di contrasto con la variante al Piano urbanistico comunale del 2005, rilanciata nel 2021. "E’ da 18 anni che la programmazione urbanistica prevede la delocalizzazione dell’impianto. Giusto tutelare lavoratori e settore, auspicando che nel nuovo sito da individuare possa derivare anche un maggior sviluppo, ma proroghe non sono più accettabili" dice lex consigliere comunale Fabio Carassale che domenica ha innescato il tam tam delle segnalazioni giunto fino al sindaco Francesca Sturlese per il tramite della consigliere di opposizione Francesca Saccone, che a sua volta rilancia: "Basta meline".
Corrado Ricci