MATTEO MARCELLO
Cronaca

"Ordinanze ok, ma serve educare". Il prefetto punta sulla prevenzione

Il monito: "Gli enti non abusino dei dispositivi, ma introducano queste misure nei regolamenti comunali" .

"Ordinanze ok, ma serve educare". Il prefetto punta sulla prevenzione

Il monito: "Gli enti non abusino dei dispositivi, ma introducano queste misure nei regolamenti comunali" .

La Spezia, Sarzana, Lerici, Porto Venere. E anche Brugnato, in occasione di particolari eventi di richiamo. Ordinanze quasi fotocopia, che mettono nel mirino il consumo di sostanze alcoliche e la diffusione musicale oltre una determinata ora della serata, e tutte accomunate dall’esigenza di arginare quei fenomeni ormai comunemente etichettati col termine ‘malamovida’. Nel cuore di un’estate nella quale fortunatamente gli eccessi della sera non sono sfociati in gravi fatti di cronaca, La Nazione ha intervistato il prefetto della Spezia, Maria Luisa Inversini (nella foto), per fare il punto sui provvedimenti adottati dai Comuni e sulle soluzioni da mettere in campo per prevenire gli eccessi.

I Comuni del golfo e quello di Sarzana si sono dotati di ordinanze con cui arginare un malcostume che pare molto sentito. Ma questi dispositivi sono davvero la soluzione al problema?

"Sono certamente uno strumento utile. Abbiamo lavorato molto affinché venissero fatte con gli stessi orari, per evitare un fenomeno di pendolarismo della movida, e cioè che la gente da un territorio possa spostarsi in altri luoghi perché lì magari la musica viene spenta più tardi".

In che modo solo utili?

"Per un efficacia deterrente e per responsabilizzare i sindaci, le polizie locali e sopratutto gli esercenti, piuttosto che i fruitori. Sono convinta che la sicurezza sia il prodotto dell’azione globale da parte di tutti, ciascuno per i suoi profili di competenza, così come sono certa che non sia la sanzione l’elemento qualificante, ma la presa di coscienza generale".

Eppure queste ordinanze sembrano diventate una moda, una sorta di parafulmine per le amministrazioni.

"Non ci dovrebbe essere un abuso di questo strumento, perché essendo contingibile e urgente, deve essere ben motivato e legato a esigenze specifiche, quindi a situazioni critiche. Per questo trovo auspicabile che tali dispositivi siano tradotti nei regolamenti e nelle normative comunali, un po’ come ha fatto il Comune di Levanto, che ha introdotto una norma di valenza generale nel proprio regolamento, per cui la diffusione musicale deve essere spenta alle 24. Un regolamento comunale permetterebbe di superare questa logica un po’ emergenziale verso un fenomeno che si presenta evidentemente uguale tutte le estati".

Sono molti i reati connessi alla movida?

"Siamo un territorio felice, ma dobbiamo valutare una serie di parametri: per esempio La Spezia, città con 100mila abitanti, ha una presenza esponenziale di turisti nel periodo estivo. Se valutiamo quello che accade nella movida spezzina in rapporto a tutte le persone che vivono la città, i reati sono veramente bassi. Certo una città di centomila abitanti, con un porto, con tante comunità, non può essere totalmente immune da certi tipi di fenomeni, ma stiamo parlando di numeri molto marginali: la movida nel contesto spezzino è essenzialmente un tema di educazione e prevenzione sull’abuso di alcool e sostanze stupefacenti".

Abusi che sono ormai sempre più in voga anche tra i giovanissimi. Come fermare questa deriva?

"Sono fenomeni che dobbiamo combattere. Quando si affronta il tema della movida non bisogna guardare solo all’azione di repressione, ma bisogna puntare su educazione, prevenzione e sensibilizzazione. Il consumo di droga e alcool è molto elevato, e questo nell’ottanta per cento dei casi, è quello che può sfociare nella malamovida. C’è una ricerca costante di strumenti per cercare di cogliere le forme del disagio giovanile, che spesso si manifestano in queste esternazioni ‘violente’, in senso lato. E questo può aiutare le istituzioni a capire come veramente come andare a contrastare certi fenomeni".

Tipo?

"Ritengo molto interessante la sperimentazione portata avanti dalla Caritas e dalla Lindbergh (il progetto Gang, il gruppo di ascolto notturno giovanile; ndr), con l’unità di strada per andare a osservare, comprendere e analizzare le cause del disagio giovanile. Nelle serate realizzate a Sarzana è emerso che i ragazzi non hanno spazi di aggregazione. Serve capire, verificare, educare, perché a mio avviso, forse, c’è un vuoto grande".