CHIARA TENCA
Cronaca

Peawees, ’One Ride’ e si riparte. Hervé: "Stupirsi a ogni canzone"

Trent’anni tondi di rock and roll e un ritorno con i fiocchi con la pubblicazione di ’One Ride’. Inizia...

I Peawees ritratti da Stefano Righi (Hervé Peroncini è l’ultimo a destra)

I Peawees ritratti da Stefano Righi (Hervé Peroncini è l’ultimo a destra)

Trent’anni tondi di rock and roll e un ritorno con i fiocchi con la pubblicazione di ’One Ride’. Inizia bene il 2025 della band spezzina Peawees, che si prepara a continuare il tour del fortunato album, dopo le prime 25 date in Italia e Spagna - insieme agli storici The Hellacopters –, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Svizzera, Danimarca. Otto live di fuoco dopo 27 anni negli Usa, poi ancora Italia, Spagna, Danimarca e il 7 giugno allo Stardumb Festival di Rotterdam. È il cantante, chitarrista e fondatore del gruppo Hervé Peroncini a raccontare Il momento speciale della band.

Come siete partiti e se quello che avete raggiunto ha superato le vostre aspettative?

"Abbiamo iniziato fondamentalmente per passione, ma anche per creare una dimensione in cui trovarci a nostro agio. Almeno, per me è stato così. Non avevamo alcuna aspettativa particolare, se non quella di riuscire a registrare una demo e fare qualche concerto fuori Spezia. Poi, nel giro di un anno avevamo già pubblicato un disco e credo che questo ci abbia dato la sicurezza per fare le cose in modo più determinato".

Siete fra gli esponenti più amati della scena rock spezzina. Ma cosa c’è di speciale qui e cosa avete di speciale voi?

"Spezia oggi non è più quella di 30 anni fa. Una piccola provincia come la nostra, soprattutto vissuta negli anni in cui abbiamo iniziato, poteva essere paralizzante oppure alimentare la creatività per un desiderio di ‘fuga’ nel senso più vasto. Non saprei dire cosa abbiamo di speciale, credo che la cosa più importante sia non tradire il proprio istinto, non ripetersi per paura di deludere, guardare sempre avanti e mai indietro".

Tornate negli Stati Uniti, dopo 27 anni. Cosa cambierà?

"La prima volta io avevo solo 22 anni e Stefano che era il più giovane del gruppo non ancora l’età per bere alcolici! Credo che la grossa differenza stia proprio nell’esperienza, prima volta fuori dall’Italia e senza idea di cosa volesse dire andare in tour. La percezione era quella di andare su Marte, Ora c’è un po’ più di consapevolezza".

Il tour farà tappa anche in altre città europee: che rapporto avete con il pubblico dei vari paesi?

"Generalmente ai nostri concerti la situazione si scalda abbastanza e certe volte è bello notare il diverso temperamento da paese a paese o da città a città. ’One ride’ sta andando molto bene, stiamo ricevendo tanti feedback positivi e la cosa ci rende molto felici. Da questo tour non vorrei nient’altro che divertirmi e godermi il momento".

I Peawees sono un evergreen: qual è il segreto?

"Nessuno! Il non ripetersi non è una scelta stilistica ma un’esigenza. Il primo a stupirsi di una canzone deve essere chi la scrive: ’Se non sei tu a stupirti di quello che hai scritto è meglio se stai zitto’ è una regola personale che mi porto dietro da sempre. E poi sì, mai inseguire qualcosa che non ti appartiene. Mi piacciono gli artisti che mettono in mostra le loro ossessioni senza paura".

- Allo Shake Club, che hai fondato, hai ospitato musicisti da tutto il mondo. "Anche qui l’intento è sempre stato quello di creare una dimensione in cui sentirsi a casa. Ospitare musicisti che ammiriamo è ovviamente gratificante, è bello trovarsi a tu per tu con canzoni che fino a poco prima giravano sullo stereo".

Chiara Tenca