L’allarme lo hanno lanciato qualche giorno fa, su più fronti, i responsabili di Coldiretti. Il cambiamento climatico, tra bombe d’acqua, trombe d’aria e mareggiate, sta minacciando anche la pesca, o meglio la ’piccola pesca’, quella più diffusa nello Spezzino. I colpi assestati a un settore già alle prese con difficoltà endemiche, legate a una normativa oltremodo restrittiva e ai costi di gestione delle imbarcazioni sempre più pesanti, rischiano di aggravare un quadro già molto difficile.
C’è il problema, intanto, della sicurezza delle barche e dell’integrità delle reti e del resto dell’attrezzatura minacciate dalle migliaia di tronchi portati a mare dalle piene dei fiumi e dei corsi d’acqua minori, ma anche il più complesso tema della salinità dell’acqua che arretra progressivamente sotto l’avanzare dell’acqua dolce indotto dalle piene. La conseguenza, come ha denunciato Daniela Borriello, responsabile Coldiretti pesca, è che molte specie, abituate a tassi di salinità maggiori, si spostano più al largo e non si avvicinano alla costa. Le imbarcazioni usate in quest’area, cosiddette ‘della piccola pesca’, sono impossibilitate a seguire il pescato, che scappa dal fango mescolato ad acqua dolce. Significativa la testimonianza di Benedetto Policardo – una barca di nove metri per la ’piccola pesca’, la ’Ghibli’, ormeggiata a Monterosso – che sta sperimentando sulla propria pelle le difficoltà di una professione dove burocrazia, costi economici, scarsità di pesce e cambiamenti climatici rischiano di azzerare la capacità di reddito di un’attività un tempo fiore all’occhiello della comunità marinara del territorio. "Fare questo mestiere è sempre più difficile – lo sfogo di Policardo – soprattutto per chi come me va per mare da solo. Prima si potevano pescare molte varietà, non solo spada e naselli, poi sono arrivate le restrizioni che hanno reso tutto più difficile. Che senso ha stare in mare dodici ore per così poco? Magari con tre persone a bordo si può pensare di potenziare lo sforzo di pesca, ma nelle mie condizioni… Per fortuna si sono sviluppate attività collaterali, come il pescaturismo, che possono compensare le perdite della pesca, perché di pesci, complici i cambiamenti del clima, le variazioni delle temperature e l’inquinamento, se ne trovano sempre meno, almeno alla portata di realtà come la mia. Il fatto è che si trattano le piccole barche alla stregua di pescherecci da 20-30 metri, manco fossimo in Norvegia. Certe norme sono assurde. Ma le pare logico che se io sposto la mia barca di nove metri da Monterosso per ormeggiarla in sicurezza alla Spezia devo darne conto al ministero?".
Franco Antola