Genova, 5 giugno 2024 – Chi si aspettava che la maggioranza di centrodestra le buscasse in silenzio, o quasi, limitandosi a far valere la forza dei numeri, è rimasto deluso. La miglior difesa, si sa, è l’attacco. E la squadra di governo capitanata dal presidente ad interim Alessandro Piana non ha certo vestito i guantoni dello sparring partner, anzi. La seduta del Consiglio regionale convocata per discutere la mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni contro il presidente Giovanni Toti, ai domiciliari da quasi un mese, si è trasformata in un vero e proprio ring, con frecciate al veleno scoccate da una parte all’altra dell’aula e continui battibecchi tra il pubblico sugli spalti, che hanno richiesto in più di un’occasione anche l’intervento delle guardie giurate.
D’altronde, gli stessi lavori del parlamentino sono iniziati con oltre quaranta minuti di ritardo sulla tabella di marcia per aspettare la conclusione di una riunione dei capigruppo, convocata di buon mattino per consentire a maggioranza e opposizione di decidere l’ordine degli interventi. Quaranta minuti di attesa riempiti soltanto dagli slogan di un nutrito gruppo di manifestanti riuniti di fronte all’ingresso dell’assemblea. "Dimissioni", hanno gridato in coro all’arrivo di alcuni esponenti del centrodestra.
E mentre alcuni di loro battevano le mani sui vetri della porta che separa la sede dell’assemblea dal resto della città, altri alzavano sopra le spalle cartelli sui quali erano state appuntate col pennarello frasi inequivocabili: ’Non ci serve un presidente in smart working’ e ’Basta corruzione in politica’. Scene da fine della prima repubblica, insomma. Contemporaneamente un gruppo di attivisti dell’associazione ’Genova che osa’ depositava 74 paia di scarpe di fronte alla sede del Consiglio: 74 quante le migliaia di euro che secondo l’accusa l’imprenditore portuale Aldo Spinelli avrebbe versato a Toti in cambio di favori. Poco prima delle undici il presidente Gianmarco Medusei ha dichiarato aperti i lavori del Consiglio. Ed è partita la giostra delle accuse reciproche.
Le argomentazioni dell’opposizioni erano note, ma sono state amplificate dal confronto in aula. Il capogruppo del Pd Luca Garibaldi è stato il primo a prendere parola. "Le dimissioni di Toti – ha detto – sono un atto politico necessario. L’inchiesta che ha colpito la Liguria, decapitando la capacità amministrativa della Regione e del porto, ha dimostrato il fallimento di cui il centrodestra è protagonista, una degenerazione politica e di etica pubblica che ha espropriato la democrazia". Non è stato da meno Fabio Tosi, alla testa del gruppo pentastellato: "L’interesse pubblico è venuto meno. Fate un favore alla Liguria: dimettetevi. Fate un favore a voi stessi: chiedete ai cittadini se vi vogliono ancora lì per un altro mandato. Mettetevi in gioco e dimostrate di non temere le urne". Gianni Pastorino, di Linea Condivisa, ha puntato il dito sul tema della continuità gestionale: "Il modello politico attuale, incentrato su una figura dominante come Toti, con deleghe che spaziano dal bilancio alla cultura alla sanità, si rivela ora nella sua fragilità. Il presidente è coinvolto in vicende giudiziarie che ne impediscono l’efficace guida amministrativa e politica".
Una ricostruzione smentita punto su punto dalla maggioranza. E soprattutto dal leghista e presidente ad interim Piana, che dopo aver speso parole critiche contro il "linciaggio morale e politico" di alcuni operatori della comunicazione "pronti a una condanna mediatica preventiva", ha garantito personalmente sulla piena operatività della giunta ed elencato tutte le opere messe in campo negli ultimi anni, dal sostegno alle imprese, allo sport, ai giovani, alle scuole. "Per questo – ha detto – è cruciale garantire la continuità amministrativa evitando danni finanziari e sociali. La politica non è in stallo in questa regione. Abbiamo un Def da portare in votazione entro luglio e tutti i requisiti e le carte in regole per rimanere fino a fine mandato".
Ma è stato quando ha preso la parola il capogruppo della Lista Toti Alessandro Bozzano per leggere la lettera che il governatore ha fatto arrivare in Consiglio, che il clima si è fatto davvero incandescente. Un Toti in gran spolvero, quello che ha spronato i suoi a non gettare la spugna, massacrando al contempo l’opposizione, tacciata di "miopia", di saper solo "balbettare", di farsi interprete di "una politica con la P minuscola, subalterna", buona soltanto ad "approfittare di questo presunto momento di debolezza per raggiungere un obbiettivo irraggiungibile con la propria capacità e credibilità". L’accusa, insomma, è quella di aver tentato una "spallata".
"La vostra Liguria era una regione – ha scritto Toti – in cui l’ambizione era una colpa, l’appiattimento una virtù, l’impresa privata un simbolo di egoismo. Oggi la Liguria è un modello di capacità di scelta, attrazione degli investimenti, velocità di realizzazione. Voi non odiate le opere e i progetti in quanto tali. Odiate tutto ciò che richiama la vostra incapacità, che distingue la vostra impreparazione al governo da chi invece sa assumersi questa responsabilità. Voi volete distruggere il ’modello Liguria’, costruito in questi anni con l’orgogliosa reazione al crollo del Morandi. Anzi, volete che qualcos’altro lo distrugga mentre voi fate il tifo dagli spalti, senza neppure il coraggio di scendere in campo. Ve lo dico ora e per il futuro, non esistono carte bollate di un tribunale che possano surrogare la vostra insipienza e il vostro opportunismo. Per questo, oltre alla mozione, continuerete a perdere anche le elezioni".
Sulle elezioni si dovrà attendere l’esito delle urne. Per la sfiducia, invece, il copione era già scritto, mozione respinta: 18 i voti contrari (l’intero centrodestra) e 11 i favorevoli (Pd, Lista Sansa, M5S e Linea Condivisa). Assente perché in congedo per "motivi personali" il capogruppo di Azione, che non ha firmato il documento.