
Marina Palma, impiegata comunale a Castelnuovo, non si è mai rassegnata. Sono quasi 8 anni che lotta per capire e soprattutto per dare un volto all’assassino di sua madre Marisa Morchi. Era stata proprio lei attorno alle 13, il 14 marzo del 2013, a trovare la mamma in un lago di sangue, nell’ abitazione di via Palvotrisia, ormai senza vita, colpita probabilmente con una roncola – neppure l’arma del delitto è stata trovata – al capo e in varie parti del corpo. Poi quel macabro cerimoniale, una corona di caramelle attorno al cadavere e una foto della madre ancora bimba posata sul corpo.
Ora la figlia attraverso il legale che l’assiste, l’avvocato Francesco Cristiani del foro di Napoli chiede alla Procura della repubblica della Spezia la riapertura delle indagini producendo nuovi indizi contenuti nell’esposto trasmesso ieri mattina, tramite posta elettronica certificata. L’avvocato Cristiani fa riferimento all’indagine riguardante l’arresto da parte dei carabinieri di un gruppo di 17 Sinti, dediti a furti e truffe, alle successive intercettazioni telefoniche e a una conversazione registrata mentre alcuni componenti della banda stavano passando in auto da Palvotrisia in cui si fa riferimento ad un non meglio identificato omicidio avvenuto in zona. "Il riferimento – spiega l’avvocato partenopeo – è particolarmente interessante per il termine usato dai componenti della banda per indicare la vittima dell’omicidio, gaggina che sta a indicare una donna. Tutto ciò può essere messo in collegamento con quanto è emerso nell’indagine sull’omicidio da alcune testimonianze già acquisite dagli inquirenti. Una donna della zona vittima di un furto a febbraio 2013 aveva sostenuto che il ladro era armato di machete e di una piccola accetta appesa al collo e dopo essere stato scoperto, mentre stava fuggendo, l’aveva minacciata col machete urlandole di ucciderla se avesse parlato".
Un altro episodio che a giudizio dell’avvocato Cristiani merita di essere nuovamente vagliato è la testimonianza di un vicino di casa della Morchi che ha raccontato – "Che quel 14 marzo del 2013, in orario compatibile col delitto aveva incontrato uno strano personaggio, mai visto in zona, che con un sacchetto in mano camminava in una via adiacente all’abitazione della
vittima e che, incrociandolo, aveva rcercato di nascondere il volto. L’identikit diramato risulterebbe molto simile a un componente della banda dei Sinti di recente arrestato". "Credo esistano nuovi importanti elementi per riaprire il caso – conclude l’avvocato Cristiani –. Ricordo infatti che dopo la scoperta del delitto per un certo periodo si è indagato sui familiari della povera Marisa. La casistica è chiaro porta anche a sviluppi del genere e non ho nulla da obiettare in questo senso, ritengo però che in questo modo si sia perso tempo prezioso. Con la riapertura delle indagini si potrebbe dare pace ad una figlia ma anche a un’intera comunità che non può rassegnarsi all’idea che ci sia un assassino libero".
Carlo Galazzo