Rudolf Jacobs era un caporalmaggiore tedesco, membro del Genio Costruzioni della Marina, che durante l’occupazione nazista dell’Italia aveva il compito di progettare le fortificazioni del Golfo spezzino. Di sentimenti avversi al nazismo, disertò nell’estate del 1944 insieme al fidato collaboratore, un austriaco rimasto senza nome. Il 3 settembre“Rodolfo” – così lo avrebbero poi chiamato i partigiani – ebbe il primo incontro nelle colline della Val di Magra con “Federico”, il futuro comandante della Brigata Muccini, che sarà costituita poco dopo. Accolto dapprima con diffidenza, guadagnò presto la fiducia dei suoi nuovi compagni. Scalpitava perché voleva combattere. “Rodolfo”, nel mese di ottobre, partecipò a un combattimento e a due missioni rischiose.
Poi, il 3 novembre, comandò l’azione contro la caserma delle brigate nere di Sarzana. Già nella notte tra il 26 e il 27 settembre 200 partigiani della Muccini erano scesi a Sarzana per liberare 14 loro familiari fatti prigionieri dai fascisti e, pur non riuscendo nell’intento, si erano impadroniti della città per due ore. Il 3 novembre l’azione prevedeva che una pattuglia in uniforme tedesca, al comando di Jacobs, entrasse in caserma per uccidere il suo spietato comandante, e poi fuggire, appoggiata e coperta dal fuoco dei partigiani di città, schierati all’esterno. Le cose purtroppo andarono diversamente. L’arma di Jacobs si inceppò. La reazione dei fascisti fu pronta, “Rodolfo” cadde sotto il colpo delle mitragliatrici. Da allora Jacobs è diventato un mito, un esempio della Resistenza come guerra internazionale. Così come lo è la pattuglia da lui comandata il 3 novembre: due jugoslavi, un russo, un austriaco e cinque italiani. Gli esempi sono tanti. In Italia i disertori tedeschi furono almeno duemila. I partigiani stranieri che parteciparono alla nostra Resistenza furono 15-20mila: un decimo del partigianato. I dati sono davvero significativi.
I primi caduti della Resistenza spezzina furono un polacco della banda di Primo Battistini “Tullio”, ucciso dai tedeschi il 30 gennaio 1944 nei boschi tra Tresana e Calice, e il disertore tedesco Hans, che era nella banda di Piero Borrotzu “Tenente Piero” e cadde il 26 marzo 1944 nel territorio di Sesta Godano insieme a due partigiani italiani. I disertori tedeschi caduti furono cinque, forse sei: Jacobs, Hans, Leonard Wenger e Kurt Ruhle della Muccini, Josef Bauer, austriaco della Brigata Borrini, e probabilmente un disertore che aveva aderito alla Brigata Centocroci. I canali della partecipazione straniera furono due: gli alleati inglesi e jugoslavi, gli stranieri fuggiti dopo l’8 settembre dai campi di concentramento, come Gordon Lett – che si fermò nello Zerasco dando vita al Battaglione Internazionale – e i tanti inglesi, sovietici, polacchi; i disertori, tedeschi ma non solo, perché un marcata connotazione internazionale era anche nelle forze armate tedesche.
L’elemento internazionale fu strettamente intrecciato all’elemento patriottico. Ognuno dei partigiani stranieri era un patriota. Jacobs voleva riscattare la sua Patria e il popolo tedesco. Il loro era un patriottismo non nazionalista ma internazionalista. Il nazifascismo compattò i tanti e diversi patriottismi, le tante lotte per il riscatto della propria Patria, che diedero vita a una guerra civile internazionale. A una lotta universale: di umanità contro la disumanità, di pace contro la guerra. Di guerra alla guerra. Jacobs ci invita a riflettere su di noi, sulla crisi del sogno europeo e universale, sulla speranza che oggi sembra mancare. Ma l’antifascismo è speranza. La sua più profonda eredità è l’idea che il mondo si può cambiare.
*Copresidente del Comitato provinciale Unitario della Resistenza