REDAZIONE LA SPEZIA

La città dei monumenti scomparsi. "Brutta e immorale". E l’opera fu rimossa

La singolare sorte della scultura ai caduti “censurata” a Biassa. Ai Boschetti, invece, i putti dell’edicola Beverini sono stati rubati

Una visita al cimitero monumentale dei Boschetti tra opere ancora presenti e altre sparite

La Spezia, 15 ottobre 2019 - Le sparizioni misteriose di importanti opere scultoree concepite per abbellire scorci della città o celebrare personaggi illustri non sono solo il retaggio di epoche passate. Recenti trafugamenti hanno dell’incredibile perché consumati in luoghi pubblici teoricamente sorvegliati. Un caso del genere, richiamato dallo scultore Fabrizio Mismas, è quello della sparizione, dal camposanto dei Boschetti, di due rilievi di Angiolo Del Santo, grande scultore spezzino: due putti che facevano da cariatide alla mensa dell’altare dell’edicola Beverini, sopra il famoso bassorilievo, ancora al suo posto. Le due opere più piccole, alte circa 50 centimetri, vennero divelte malamente nel 2010 da malviventi entrati in azione in piena notte con mazza, piccone e piede di porco.

Una vicenda simile a quella del ritratto di Nazario Sauro, il cui tondo è stato asportato nel 2016. Storia diversa quella quella del monumento ai Caduti di Angiolo Del Santo, a Biassa. Non era un’opera particolarmente amata perché guardava molto all’arcaismo. Scomparve nel periodo bellico. A ricostruirne la vicenda è stato Mismas che, incaricato di allestire una mostra dedicata a Del Santo, si recò a Biassa nel 1992 e parlo’ della cosa con alcuni sacerdoti. Ebbene, da un libro del parroco è spuntato un registro che riferisce come il primo agosto 1941 alle 10 del mattino, per ordine dell’autorità «viene tolto il brutto e immorale monumento ai Caduti, rimanendo la base in pietra arenaria».

A definire brutto e immorale quel monumento erano state le autorità ecclesiastiche di allora, per via di una figura completamente nuda. Anche del monumento ai Caduti di Pegazzano, in fondo a via Nazario Sauro, è rimasto poco, solo il piedistallo. Lo aveva realizzato uno scultore di Genova, Oreste Silvio Minaglia, che di sé ha lasciato poche cose. Il monumento non era particolarmente bello, di straordinario aveva le dimensioni, con la sola scultura alta 2,5 metri, a tutto tondo, e il fatto che non fosse stato fuso da una fonderia artistica specializzata con la tecnica della cera persa, ma da un laboratorio meccanico di Rebocco solito lavorare sugli ingranaggi, con un sistema molto semplice. Questo significa, ne deduce Mismas, che in quell’officina lavoravano maestranze straordinarie, capaci di realizzare anche un grande monumento. Quel laboratorio era la Fonderia Genesio del cavalier Fusani. Altra opera di cui si sono perse le tracce, il busto dedicato a Filippo Corridoni, eroe della Grande guerra caduto sul Carso, collocato nel 1935 in via Diaz. E’ rimasto soltanto il basamento vuoto. Pare che il bronzo, lavorato da Attilio Perducca, sia stato rifuso per fabbricare cannoni. Una copia, forse il modello di gesso, sarebbe conservato in un magazzino del Museo di arte moderna a Genova.

L’ultimo «giallo» riguarda una bella scultura di Carmassi, «Il ciclista». Qualcuno ha detto che, dopo essere sparita dal luogo originario, non lontano da piazza d’Armi, l’opera sia rimasta per molto tempo sulla parte alta di un edificio vicino ai giardini. Dall’archivio della Fondazione Tullia Soncin, risulterebbe che la statua è andata perduta,non si sa in quali circostanze. Ma c’è una foto dell’archivio Carmassi che rivelerebbe che la scultura è stata ceduta alla Federazione ciclistica italiana. E il mistero si infittisce. Franco Antola