
in alto da sinistra Eleonora ed Elisa. In basso da sinistra Giovanni e Davide.
La Spezia, 6 febbraio 2017 - «Berlino è un mondo dove tutto è possibile, una città fuori dall’ordinario che richiama artisti di ogni provenienza». Ogni guida turistica che parla di Berlino non si risparmia. Spende belle parole su una città ancora alla ricerca di sé e decisa a scrollarsi di dosso un passato doloroso. A testimoniarlo sono piccoli e grandi monumenti dislocati per la città e il desiderio di mettersi in discussione, sempre. A farsi domande etiche su turisti e abitanti berlinesi che scattano foto all’interno dell’Holocaust-Mahnmal di Berlino, monumento alle vittime ebree, è l’artista israeliano Shahak Shapira. Con il suo progetto ‘Yolocaust’, l’ideatore, ha raccolto le immagini di alcuni ragazzi – che si sono scattati fotografie nel luogo di culto – per farne crudi fotomontaggi. All’improvviso, gruppi di turisti felici, sono stati catapultati dentro a campi di sterminio nazisti nelle pose originarie scelte per le immagini ricordo della vacanza. L’artista ha istigato e il pubblico ha risposto, compreso quello spezzino.
Ad esprimersi è Giovanni Varisco: «Si sta parlando di un memoriale, una tappa fissa per i turisti. Cosa rappresentano i selfie? Delle foto ricordo, niente di più. Altrimenti il luogo di culto non sarebbe abbandonato a se stesso, ma ci sarebbero dei controlli e cartelli di divieto». Poi c’è chi è troppo piccolo o disinformato, e resta fuori dal gioco. «Alcuni non sanno cosa significhino le stele in cemento – continua –. I bambini le guardano, vedono un labirinto e giocano». A fargli eco è Davide Ramoretti: «Mi piacerebbe sapere quanto l'artista abbia riflettuto prima di comporre fotomontaggi così pesanti». Ad ogni azione, provocazione o attività ne consegue un diverso tipo di lettura. «In questo caso l’artista può apparire come una persona di grande sensibilità nei confronti della tematica che ha affrontato – dice Ramoretti – o può essere semplice e pura ipocrisia, per motivi generazionali e di business in realtà sociali. Come la moda dei selfie e della ricerca estenuante di alimentare il super ego».
Altri giovani, invece, si chiedono a cosa servirebbe smettere con gli autoscatti. «Qualunque sia la motivazione, la non foto non muterebbe la consapevolezza di turisti privi di etica», riflette Elisa Rappelli. Per concludere cita Peter Eisenman, l’architetto che ha progettato il monumento: «Un memoriale è una cosa quotidiana, non suolo sacro». Il progetto fa riflettere, ma va preso con le pinze. «Mi sono chiesta cosa le persone pensassero osservando il video di tre giovani ragazze nel bel mezzo di sarcofagi – si esprime Eleonora Fiorentini –. Poi mi sono risposta. Eravamo a Berlino proprio per ripercorrere strade e punti critici che sono passati alla storia. Ci siamo sedute in mezzo a quei muri e abbiamo letto quello che era scritto nella nostra guida». Chiarendo che non è con un sorriso che si manca di rispetto, o che si può giudicare la frivolezza di una persona.
Giulia Tonelli