Un tuffo dove l’acqua è più blu gli è costato il ritorno in cella, con l’addio agli arresti domiciliari, oltretutto con la comodità di avere una piscina a disposizione a casa. Ma proprio l’acqua della piscina avrebbe mandato in tilt il sensore del braccialetto elettronico imposto a uno dei componenti della banda di sinti, condannata nelle scorse settimane con rito abbreviato per furti nelle abitazioni, truffe agli anziani ed episodi di ricettazione. Uno dei condannati (a 6 anni e 10 mesi) era ai domiciliari col braccialetto elettronico, in attesa della sentenza di appello. Vista la calura, faceva tutti i giorni il bagno nella piscina di casa: ma l’acqua (almeno da quanto ricostruito) avrebbe messo ko il chip del ‘braccialetto’ facendo così’ scattare l’allarme. In pratica come se lui se lo fosse tolto o si fosse allontanato da casa. Ma così non era. Per mettere fine alla situazione, è stato diffidato dalle forze dell’ordine dal continuare a tuffarsi in piscina. Ma a quanto pare anche nei giorni successivi il giovane ha continuato a rinfrescarsi con lunghi bagni. Ieri mattina la svolta quando i carabinieri gli hanno notificato l’ordinanza di aggravamento della misura cautelare disposta dal giudice, che ha revocato i domiciliari disponendo il trasferimento in carcere. Su questa decisione il suo legale (l’avvocato Paolo Munafò) presenterà appello.
CronacaSi tuffa in piscina e mette ko il braccialetto elettronico: va in carcere