La Spezia, 9 ottobre 2023 – Aveva usato i social network per accusare a più riprese, facendo nomi e cognomi, il presunto padre di suo figlio di avere abbandonato lei e il bambino. Vomitandogli addosso una serie di cattiverie. Peccato però che non fosse vero nulla. Lei non era incinta e non ha avuto alcun figlio, ma con il suo comportamento che si è protratto da ottobre 2020 a maggio 2021, non solo ha offeso l’onore e la reputazione dell’uomo, ma gli ha procurato anche un forte stato d’ansia.
Una donna di 46 anni, originaria di Pontedera è residente in provincia di Pisa, è stata rinviata a giudizio dal gip Diana Brusacà con l’accusa di diffamazione e stalking. La sentenza è dei giorni scorsi e in tribunale ha suscitato curosità, perché la vittima, un trentenne della Val di Vara, è omonimo di un noto arbitro di calcio. Sono nati lo stesso anno, lo sportivo che arbitra in serie A è solo di qualche mese più vecchio. In un primo momento, senza guardare bene la data di nascita, si era creato l’equivoco. La vittima invece abita in Val di Vara e dal febbraio al maggio 2021 era stato bersagliato sui social dalla donna con la quale aveva avuto una relazione sentimentale. Lei aveva pubblicato, comunicando con più persone, numerosi post e storie con la foto dell’ex fidanzato con hastag ’neopapà’, fotografie raffiguranti particolari di neonati con scritto il nome del presunto figlio e il cognome della persona offesa indicandolo come padre, dichiarando che lo stesso non avesse voluto riconoscere il bambino ed assumersi i suoi doveri di genitore, abbandonando e disinteressandosi di madre e figlio. Circostanze che si sono rivelate completamente false.
Per l’uomo era diventato un incubo, la ex compagna era arrivata a scrivere: "Tale padre tale figlio, stessi piedi stesse gambe, anche se il tuo papà non ha voluto sapere di te". Aveva fornito anche particolari sulla nascita: "Ora respira autonomamente, ancora poco e andiamo a casa" e ancora "oggi l’anagrafe ha registrato ufficialmente il piccolo con il cognome del padre".
L’accusa è anche stalking perché dopo la fine della relazione, la donna ha inviato ripetutamente all’ex messaggi riferiti al suo presunto stato di gravidanza in realtà inesistente, minacciando di non abortire qualora lo stesso non avesse accettato di riallacciare il rapporto, minacciando di rendere pubbliche tali circostanze come poi ha fatto. Aveva contattato anche parenti e amici della vittima, comunicando di essere incinta e informandoli di essere stata abbandonata dal padre. E così il trentenne aveva sporto denuncia, affidandosi all’avvocato di fiducia Elisabetta Ambrosini.