ROBERTA DELLA MAGGESA
Cronaca

Toti al seggio di buon mattino. Dimagrito e con i mocassini . Scherza rivolto ai giornalisti: "Mi spiace per la levataccia"

Il presidente della Regione ha votato come sempre al seggio della Don Lorenzo Celsi. È arrivato a bordo di un’Audi scura, scortato da due investigatori della finanza in borghese.

Toti al seggio di buon mattino. Dimagrito e con i mocassini . Scherza rivolto ai giornalisti: "Mi spiace per la levataccia"

Toti al seggio di buon mattino. Dimagrito e con i mocassini . Scherza rivolto ai giornalisti: "Mi spiace per la levataccia"

L’Audi nera della finanza entra dai cancelli della scuola Don Lorenzo Celsi, a Cafaggio, che sono le 7.31. Si ferma subito dopo, e le portiere si aprono. Scendono due militari, in abiti borghesi. Il presidente Giovanni Toti li segue a ruota. Sotto la montatura scura degli occhiali da vista, sfodera un sorriso e sventola la mano, ma non c’è traccia di allegria sul suo volto: semmai un’increspatura di preoccupata tensione. Pochi passi sulla rampa che porta al seggio adiacente al proprio: stringe mani, accenna un saluto affettuoso a un carabiniere in divisa, poi muove passi rapidi in direzione della sua sezione. Completo blu, camicia bianca a righe, mocassini portati senza calzini, è visibilmente dimagrito. "Per forza – sussurra qualcuno – fa molto tapis roulant".

Da lontano guarda dritto ai cronisti assiepati davanti alla porta: "Mi dispiace per la levataccia". Viene braccato, ma non accenna neppure a rallentare il passo: entra spedito dentro allo stanzone e raggiunge le scrivanie allestite per ospitare l’urna e i registri dell’ufficio elettorale. È quasi impettito, consapevole, da raffinato stratega della comunicazione, che la foto di un politico del suo calibro, trattenuto ai domiciliari su disposizione dei magistrati e autorizzato a uscire dalla casa di famiglia soltanto per fare il proprio dovere di cittadino, farà subito il giro di siti web e social. Non si sbaglia. Fuori, suonano le campane della Stella Maris. Dentro, c’è il silenzio delle scartoffie, solo più solenne. Pochi secondi in cabina e il governatore è già pronto a infilare la scheda nell’urna. Esce, scambia uno sguardo di intesa con il suo braccio destro, Giacomo Giampedrone, risale in auto, scortato dai finanzieri, e se ne va. Tra la scuola e la casa dei genitori, dove Toti sta trascorrendo il periodo di custodia, sono sì e no trecento metri di asfalto. "Visto? E’ molto sereno – si affretta a commentare l’assessore regionale e amegliese doc –. Lo stesso di sempre, sorridente, tenace. Fa ginnastica, passa del tempo in famiglia e lavora sulle carte dell’indagine". Soprattutto, però, dirige a distanza la macchina politica che ha messo in piedi dal niente quasi dieci anni fa. La sua ’creatura’. Forte dell’appoggio incassato nei giorni scorsi dal Carroccio e senza lasciarsi intimidire dai ’distinguo’ messi sul piatto dai meloniani, nel chiuso del forzato isolamento di via Pisanello ha già dato del filo da torcere all’opposizione con la lettera al vetriolo indirizzata al Consiglio regionale in occasione della discussione della mozione di sfiducia. E di una cosa si può star certi: i margini di manovra che gli sono stati concessi percontinuare a fare politica – significativo l’incontro avuto dieci giorni fa con lo stesso Giampedrone e autorizzato dai magistrati – saranno sfruttati fino all’ultima stilla di energia.