Chi sperava di incrociare il presidente della Regione nel suo solito seggio, accompagnato dagli uomini della guardia di finanza, magari per scambiare un sorriso fugace o anche solo per un cenno di solidarietà fatto col capo sotto lo sguardo vigile di militari e scrutatori, è rimasto a bocca asciutta. Ieri il governatore Giovanni Toti, agli arresti domiciliari dallo scorso 7 maggio, non si è presentato alle urne. Lo farà certamente nella giornata di oggi, potendo usufruire di un permesso speciale che gli è stato accordato, su istanza dell’avvocato Stefano Savi, direttamente dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, Paola Faggioni. Al di là delle implicazioni organizzative per consentire a Toti di esercitare il diritto di voto senza violare la misura cautelare applicata dal gip nellambito dell’inchiesta per corruzione incardinata presso la Procura, quelle che interessa più da vicino i cittadini e anche gli analisti di questa tornata elettorale sono ovviamente ripercussioni che il terremoto giudiziario scatenato dagli arresti eccellenti potrebbe generare sulla tenuta di una maggioranza che fino a poche settimane fa sembrava, almeno sulla carta, inscalfibile. Loro, i totiani, non sono certo disponibili mostrare il fianco e il voto compatto contro la mozione di sfiducia presentata martedì in Consiglio regionale, con tanto di attacco frontale ai banchi della minoranza, è stato anche un messaggio in codice inviato al proprio elettorato di riferimento. Tra le righe, il senso del discorso era chiaro: siamo qua e non ce ne andremo.
Roberta Della Maggesa