Il ritocco di pena e la mancata individuazione dell’ente dove svolgere i lavori di pubblica utilità hanno fatto scattare il rinvio al 18 dicembre dell’udienza sul patteggiamento per Giovanni Toti. In base all’accordo con la Procura nell’ambito dell’inchiesta per corruzione la pena per l’ex presidente di Regione Liguria è stata aumentata a 2 anni e 3 mesi da convertire in 1.620 ore di lavori di pubblica utilità. Respinta però la domanda presentata dal legale Stefano Savi di scontarle all’ente Parco di Montemarcello Magra Vara, quindi si apre la possibilità di svolgere volontariato all’ospedale San Martino di Genova. Il giudice Matteo Buffoni ha stabilito però che Toti non potrà svolgere l’attività intellettuale e manuale nell’ente ambientale perchè di nomina regionale. L’accordo raggiunto tra difesa e procura di convertire la pena di 2 anni e 1 mese in 1500 ore di lavori socialmente utili oltre alla restituzione della somma di 175 mila euro, secondo l’accusa versata dall’imprenditore portuale Aldo Spinelli, Amico e Moncada di Esselunga al Comitato Toti, ha avuto un ritocco. I pm Monteverde e Manotti hanno sollevato nuove contestazioni concordando così le nuove pene. Il giudice valuterà le proposte avanzate tra queste il volontariato all’ospedale San Martino di Genova. Questa soluzione, insieme a altre, verrà sottoposta all’esame del giudice che soltanto successivamente darà il via al patteggiamento. L’ex presidente della Regione era stato arrestato il 7 di maggio per corruzione dalla Guardia di Finanza innescando così a catena le dimissioni, lo scioglimento del consiglio regionale e l’indizione delle nuove elezioni vinte da Marco Bucci sindaco di Genova indicato dal centrodestra. Intanto la procura di Genova sta valutando l’acquisizione delle dichiarazioni rilasciate dall’imprenditore Carmelo Griffo, finito nelle intercettazioni nel filone dell’inchiesta. L’inchiesta, che vede indagato oltre a Toti anche il suo ex capo di gabinetto Matteo Cozzani potrebbe chiudersi definitivamente entro fine anno quando verrà ultimata l’analisi dei telefonini e dei dispositivi elettronici sequestrati il 7 maggio.
Massimo Merluzzi