Genova, 15 maggio 2024 – “Lo stato d’animo del presidente Giovanni Toti è quello di una persona che ritiene di dover spiegare una serie di fatti che hanno avuto un’interpretazione, che giuridicamente noi non condividiamo". Sono le parole pronunciate dall’avvocato Stefano Savi, difensore di fiducia del governatore della Liguria, che ieri mattina si è recato in procura per concordare l’interrogatorio del suo assistito. Non sarà comunque questa settimana, ma la prossima. I pubblici ministeri Luca Monteverde e Federico Manotti dovranno fissare una data.
"Il pool che sta seguendo le indagini ha un calendario piuttosto nutrito – dice Savi – si sentiranno tra loro. Non ho idea di quando lo ascolteranno".
Toti da otto giorni è agli arresti domiciliari nella sua casa di Ameglia con l’accusa di corruzione nell’ambito della maxi inchiesta della procura di Genova, però, come già aveva manifestato venerdì quando si era avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip, ha intenzione di parlare. Ma su come si difenderà, anche in relazione a quanto ha dichiarato lunedì Aldo Spinelli, l’avvocato Savi non ha voluto sbilanciarsi. "Non so cosa abbia detto Spinelli – la risposta – ma se avesse detto che Toti ha fatto delle promesse e poi non le ha mantenute, è la dimostrazione che non c’era collusione. Magari Spinelli aveva delle altre amicizie, degli altri canali".
Perché, allora, Toti, sarebbe intervenuto negli affari del porto di Genova? "Il presidente – replica Savi – in questa vicenda ha agito soltanto per evitare che in porto nascesse l’ennesima guerra tra terminalisti sulla spartizione dei moli. Quindi nell’interesse pubblico".
possibili dimissioni del governatore, l’avvocato Savi ha risposto in modo netto: "È un atto che nella sua posizione, allo stato attuale, non può essere assunto unilateralmente senza sentire gli altri protagonisti politici".
SulleRiferendosi invece alle notizie del fascicolo per falso in relazione ai dati del periodo pandemico sui contagiati che non sarebbero stati corretti e alle mascherine, Savi ha spiegato che è un fatto risalente a quattro anni fa. "Di nuovo, rispetto agli atti che sono stati depositati, non c’è nulla. Non c’è traccia in questi atti di episodi che riguardano la sanità. Naturalmente siamo tranquilli e i dati sono corretti. Era un filone esistente che aveva portato all’iscrizione per un falso, di cui non abbiamo saputo più nulla. Ad oggi non abbiamo avuto alcun seguito".
La procura ha poi aperto un fascicolo a carico di ignoti per rivelazione di segreto d’ufficio, alla luce di quanto emerso dalle intercettazioni ambientali, dove una ’talpa’ avrebbe informato dell’inchiesta i fratelli Testa, accusati di aver procurato voti ai candidati della lista di Toti alle regionali del 2020 in cambio di posti di lavoro per persone a loro vicine. Proprio ieri sono stati ascoltati nell’interrogatorio di garanzia: Arturo ha risposto alla gip per un’ora e mezza, Italo Testa invece si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Nel filone dei voti “mafiosi“ dei riesini, funzionali, secondo l’accusa, alla rielezione a sindaco di Bucci nel 2022, la procura ha in mano l’intercettazione di un colloquio avvenuto nell’ufficio di Toti a febbraio di quell’anno. Il governatore, Bucci, il capo di gabinetto Cozzani e due membri dello staff, Marcella Mirafiori e Jessica Nicolini, discutono sulle modalità di finanziamento della campagna elettorale delle comunali, che necessita di 250mila euro. Toti invitava i presenti a valutare l’aiuto dei fratelli riesini Testa. "Oh mio Dio...", esclama Cozzani, "...stacci lontano che quelli lì ci mettono in galera....". "Mi squartano", dice ancora il capo di gabinetto, forse a proposito di precedenti promesse non mantenute. "Ma perché non gli abbiamo dato dei soldi?", chiede Toti alla ricerca del movente di questo risentimento. E comunque non scarta l’idea di chiedere contributi: "e lì...e lì vanno ritirati a mano".